Disturbo da deficit di attenzione (ADHD): cos’è e qual è il test per l’iperattività

Una condizione neurologica molto più comune di quanto si possa pensare. Le stime sono di circa 2 milioni di adulti in Italia, con una prevalenza negli uomini.

Adhd disturbo da deficit di attenzione e iperattività

Il Disturbo da Deficit di Attenzione, (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), ADHD, è una tipologia di deficit di attenzione. il disturbo ADHD si manifesta con un eccesso di impulsività, una limitata capacità di concentrazione e un’estrema vivacità che possono interferire con lo sviluppo cognitivo del bambino o con la vita di tutti giorni di un adulto. Ma cos’è nello specifico il disturbo da deficit dell’attenzione, quali sono le cause, i suoi sintomi e come trattare questa condizione, anche con una sana prevenzione.

ADHD

Il disturbo ADHD è riconosciuto nel manuale del DSM V (Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders), ossia il manuale di riferimento a livello internazionale per le patologie mentali, come un disordine dello sviluppo neuro-psichico del bambino e degli adolescenti in giovane età.

La sindrome clinica è descritta e definita nei criteri diagnostici e terapeutici, in particolare, da psichiatri e pediatri negli Stati Uniti d’America.

Il materiale raccolto, ad oggi, si basa su migliaia di ricerche e pubblicazioni medico-scientifiche. Oggi è considerata una condizione di salute mentale pediatrica.

Ma cos’è più nello specifico il disturbo dell’attenzione e cosa ha a che fare con l’iperattività?

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COSA SIGNIFICA IPERATTIVITÀ

Sul manuale del DSM, il disturbo da deficit dell’attenzione è definita: una situazione o stato persistente di disattenzione e/o iperattività e impulsività più frequente e grave di quanto tipicamente si osservi in bambini di pari livello di sviluppo.

Chi soffre di questa condizione neurologica presenta comportamenti alterati che influiscono molto sull’iperattività. Con questo termine si vuole indicare quel continuo muoversi, esagerare con l’attività motoria: un costante dimenarsi, correre o cambiare attività.

Oggi l’ADHD, in gergo, la si definisce anche iperattività. Ma per essere più corretti, bisogna considerare l’iperattività uno dei suoi sintomi principali. Così come lo è anche per il disturbo da deficit dell’attenzione. È l’ADHD ad essere la patologia neuro-cognitiva in sé, più complessa e descritta con attenzione nel manuale di psichiatria.

Sono, quindi, due facce della stessa medaglia: Disturbo dell’attenzione e iperattività. Ma vediamo quali sono i sintomi principali, quali sono le cause scatenanti e come è possibile ottenere una diagnosi precoce.

ADHD SINTOMI

I sintomi del disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività si caratterizza per la marcata presenza di irrequietezza, impulsività, mancata capacità nel concentrarsi che, in genere, si manifesta entro i primi 7 anni d’età.

L’intensità sintomatica è variabile, soprattutto in base a fattori:

  • Ambientali
  • Sociali
  • Comportamentali
  • Biochimici
  • Genetici

Prevalentemente, si sostiene, anche in base agli studi a disposizione, che siano le condizioni ambientali e familiari a interferire maggiormente con l’intensità dei sintomi.

Ma bisogna prestare attenzione prima di saltare a conclusioni azzardate. Il bambino che sembra avere difficoltà a concentrarsi, nel completare i compiti di scuola o attività che richiedono uno sforzo importante potrebbe presentare ADHD, ma sono gli specialisti, psichiatri e pediatri, che possono fornire una diagnosi certa.

L’errore, talvolta, è quello di considerare il bambino svogliato, pigro o poco interessato quando, in realtà, potrebbe avere problemi neuro-cognitivi che gli impediscono di studiare o eseguire operazioni negli stessi tempi degli altri.

È da ricordare, di fatto, che il disturbo dell’ADHD può, nei casi più gravi, debilitare notevolmente l’operato del bambino, andando a compromettere la persona sia a livello personale sia sociale.

Nei bambini che soffrono di questo disturbo è stato evidenziato che è più facile che sviluppino un comportamento che influisce negativamente sulla condotta, a tratti antisociale, oppure, perfino giungere a far uso di sostanze stupefacenti.

Bisogna stare attenti anche sul fronte opposto. Sono diversi, infatti, i bambini che attraversano alcune fasi in cui appaiono più irrequieti o distratti del solito. Ma solo un professionista è in grado di comprendere se si tratta di ADHD o semplice fase passeggera.

Fattori di rischio

Per comprendere i sintomi sotto la lente d’ingrandimento, un bambino con ADHD manifesta:

  • Difficoltà a completare attività che richiedono concentrazione
  • Apatia nell’ascoltare ciò che gli viene detto
  • Vivacità eccessiva: corre o si arrampica, salta sulle sedie
  • Un’estrema facilità nel distrarsi
  • Loquacità oltre i limiti, rispondendo anche prima di ascoltare il tutto
  • Irrequietezza estrema, difficoltà anche nell’aspettare in coda
  • Problemi di natura emotiva, dovuti anche a insuccessi scolastici e difficoltà relazionali

Ma non è tutto, i sintomi possono essere anche altri, a seconda del livello di gravità della patologia. In caso si pensi che il bambino possa soffrire di ADHD, è bene rivolgersi ad un medico competente.

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CAUSE

Fino ad oggi ancora non è stata trovata una causa ben definita che dia origine al disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Secondo le ricerche e gli studi condotti, si evidenzia che l’ADHD possa essere un disordine multifattoriale, ossia che dipende da fattori ambientali, genetici e comportamentali. Ma cosa si sa di concreto sulle sue cause?

Per prima cosa, la sindrome clinica sembra avere una familiarità genetica. Il disturbo è più frequente quando all’interno della stessa famiglia vi siano già casi. Ad ogni modo, ancora non si comprende, nonostante le ricerche, in che misura la genetica possa condizionare l’emergere della patologia.

Se da un lato non si conoscono vere e proprie cause, è possibile intervenire d’anticipo evitando fattori di rischio che sembrano aumentare la possibilità che il disturbo dell’ADHD si presenti. Tuttavia, la relazione tra i fattori di seguito forniti e lo sviluppo della patologia non sono ancora ancora chiare.

Fattori di rischio:

Detto questo, bisogna capire in che modo è possibile scoprire se si soffra di ADHD o se un bambino abbia questo disturbo.

DIAGNOSI

Prima di iniziare bisogna delineare una differenza sostanziale tra diagnosi nel bambino e nell’adulto. Infatti, nel primo caso è molto più complesso ottenere una diagnosi e l’indagine, talvolta, richiede maggior tempo. Ma vediamo il perché.

Il bambino che si pensa possa manifestare i sintomi dell’ADHD deve essere visitato da un medico competente, in genere un neuropsichiatra dell’infanzia e specializzato nei disturbi come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.

Prima di fare questo passo, può essere utile consultare il pediatra che potrà valutare se abbia senso o no, consultare un professionista per una visita specialistica.

Per comprendere se il bambino abbia il disturbo, sarà necessario acquisire un buon numero di informazioni sui tratti comportamentali nei diversi ambiti della vita. In base alla storia e alle informazioni, sarà possibile, in combo con test e osservazione, capire di cosa si tratta.

Al contrario, per l’adulto basterà rivolgersi al medico di famiglia che valuterà se indirizzare il paziente da uno psichiatra che potrà effettuare delle indagini specifiche. La diagnosi avviene con la valutazione clinica (osservazioni e interviste) condotta dai professionisti.

TEST ADHD

In accordo con le ultime indicazioni riportate nel DSM V, per ottenere una diagnosi efficace di ADHD occorre individuare la presenza di sintomi comuni con la somministrazione di test.

Lo specialista in psichiatria infantile potrà fornire test come la Bia, questionari o scale di valutazione che hanno il compito di indagare sulla qualità e sull’intensità dei sintomi.

Oggi ancora non vi è un test unico per diagnosticare il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività. Quindi, la valutazione necessita dell’utilizzo di diversi strumenti. Questo accade perché ogni bambino diagnosticato con ADHD può avere un profilo neuro-psicologico anche tanto differente l’uno dall’altro, il che richiede un’attenta valutazione.

I test per la diagnosi di Adhd richiedono anche altri interventi esterni come:

  • Il coinvolgimento di genitori
  • L’ausilio degli insegnanti
  • La presenza di figure vicine al bambino

Questo serve a verificare se i problemi si riscontrano solo in un determinato contesto o in diversi. Di fatto, l’ADHD è diagnosticata al bambino solo se certi sintomi sono presenti in numerosi contesti di vita e non solo se si manifestano in 1 o 2 contesti.

IPERATTIVITÀ ADULTI

I disturbi dell’attenzione negli adulti sono, in genere, presenti fin dalla giovane età senza però che si avessero i minimi sospetti della patologia o comunque, senza che si conoscessero le cause di certi comportamenti. Accade, tuttavia, che alcune persone scoprano di avere questo disturbo in età più avanzata, ma, in genere, è un qualcosa di manifesto e presente già da lungo tempo.

Come già accennato, elaborare una diagnosi su un adulto può essere relativamente più semplice data la possibilità di comunicare con maggiore maturità e consapevolezza. In questi casi, sarà sempre uno psichiatra a valutare il caso e a ottenere un quadro completo attraverso interviste, questionari e la conoscenza della storia clinica del paziente.

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TRATTAMENTI

Le cure per l’ADHD possono essere di diverso tipo. Un approccio può essere quello terapeutico, attraverso un processo di terapia psicologica personalizzata. D’altro canto, il trattamento può prevedere anche la somministrazione di farmaci specifici, in particolar modo, il Ritalin®, che ha come principio attivo il metilfenidato. Altre medicine possono essere alcune anfetamine.

L’approccio preferito è il trattamento teraupetico, privo di rischi o effetti collaterali, e soprattutto, utile anche per tempi prolungati. Il miglior metodo non esiste, deve essere studiato per ogni singolo paziente in base alle difficoltà personali. Questo metodo deve avere un buon equilibro che sappia leggere tra i benefici e i rischi, così da condurre il bambino affetto da ADHD verso uno sviluppo più sano.

Ricorrere ai trattamenti farmacologici, invece, deve essere una soluzione ben studiata e derivata da una diagnosi attenta, basata su numerosi test, questionari, interviste e impiego di altri strumenti per valutare le condizioni del bambino. In questo modo, si valuterà qual è il miglior farmaco da somministrare e in che dosi, così da diminuire al minimo i rischi del trattamento.

ADHD È CURABILE

Al momento attuale esistono terapie e trattamenti farmacologici che possono attenuare e ridurre i sintomi dell’ADHD. Essendo, tuttavia, una condizione cronica, gli effetti funzionano fino a quando le terapie sono in atto. Dal momento che si smette con le cure, i sintomi dell’iperattività riemergeranno poiché sopiti e controllati dal trattamento. Eliminati i farmaci, la condizione clinica permane.

Risulta, quindi, indispensabile essere a conoscenza dei maggiori fattori di rischio e cercare di ottenere una diagnosi precoce, prima che possano verificarsi problemi, anche nel lungo tempo.

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