Quanto dura la pasta dopo la scadenza?

Una differenza fondamentale è tra pasta secca e pasta fresca. Ma anche quando è scaduta, la pasta non va gettata nella spazzatura. Si può riciclare in modo creativo

La pasta scade. Come tutti i prodotti alimentari. E rischiamo di sprecarla per due pessimi motivi. Il primo è quello di non mangiarla anche quando possiamo tranquillamente farlo, senza correre alcun rischio. Il secondo è di arrivare troppo tardi, e arrenderci alla soluzione peggiore: gettarla nella spazzatura. Quando anche se scaduta fino al punto da non essere più commestibile, la pasta può comunque essere riciclata e così non sprecata.

QUANTO DURA LA PASTA DOPO LA SCADENZA?

Generalmente, la pasta dura circa due anni dopo la data di scadenza riportata sulla confezione, mentre invece la pasta fresca dura dai 4 ai 5 giorni. Ovviamente, la durata della pasta è legata anche alle modalità di conservazione e alla sua preparazione. Se la si vuole mantenere fresca più a lungo, è meglio tenerla nel suo contenitore originario, in un luogo non umido. Se la confezione viene aperta, la pasta (così come accade per le scatole non aperte) deve essere conservata correttamente. Nel caso di confezioni aperte, con data di scadenza ormai oltrepassata, la pasta deve essere buttata perché vi sono sicuramente dei batteri in proliferazione. La pasta va gettata anche se la confezione sia chiusa ma gonfia o nel caso di pasta che abbia cambiato il suo originario colore.

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CHE SUCCEDE SE SI MANGIA LA PASTA DOPO LA SCADENZA?

La legge impone che sulle confezioni degli alimenti ci siano delle diciture specifiche e cioè “da consumare preferibilmente il” oppure ”da consumare entro la data di scadenza”. Questo vuol dire che, nel primo caso l’alimento può essere consumato anche se è scaduto e che questo non causerà danni alla salute. Nel secondo caso, invece, bisogna consumare il prodotto entro la data riportata, altrimenti si rischiano intossicazioni. La Fondazione Veronesi afferma che la commestibilità di un alimento, quando sia scaduto, dipende molto anche dalla natura del cibo: consumare la pasta secca ed il riso anche dopo qualche mese dal termine indicato sulla confezione, per esempio, non crea danni alla salute.

Bisogna, certo, fare la distinzione tra gli alimenti altamente reperibili e alimenti che lo sono meno, considerato l’arco di tempo che intercorre tra il momento della produzione e quello della consumazione.

Ma cosa accade se si mangia pasta scaduta? Vediamolo insieme, a seconda che sia secca o fresca.

  • Per ciò che concerne la pasta secca, questa può essere consumata anche dopo che siano trascorsi un paio di mesi dalla data di scadenza riportata sulla scatola, sempre che sia stata conservata in un luogo asciutto e che la confezione sia sigillata. Quando poi la pasta viene cotta, ogni possibile batterio risulta completamente eliminato. Ovviamente, qualora si notino insetti nella scatola, la pasta va buttata via.
  • La pasta fresca scade circa due mesi dopo il suo confezionamento. Se la pasta fresca è scaduta stando in frigo, qualora non presenti cattivi odori e non abbia cambiato colore, la si può mangiare ma non oltre i sette giorni. Se invece presenta una delle specificità appena elencate, va subito gettata via, altrimenti potrebbe provocare un’intossicazione.

COME RICICLARE LA PASTA SCADUTA

La pasta è l’alimento più presente sulle nostre tavole ma può accadere che la si dimentichi in dispensa e che questa scada senza che sia stata consumata. Cosa fare dunque della pasta scaduta? La prima reazione sarebbe quella di buttarla via ma, in realtà, la pasta si rivela molto versatile se riciclata creativamente.

Vediamo insieme come si può riciclare la pasta scaduta.

  • Con la pasta ormai scaduta si possono creare delle belle ghirlande, da colorare d’oro con lo spray. Utilizzate le farfalle oppure qualunque altro tipo di pasta corta che possa servire allo scopo. Dipingetele con la bomboletta spray e poi incollatele su di un cartoncino al quale si sarà data una forma circolare. La ghirlanda è pronta!
  • Se si prende un cono di cartone e poi gli si incollano sopra i pezzi di pasta, si crea un bellissimo albero di Natale da adoperare come soprammobile. Lo spray verde completa l’opera. Sull’albero fatto di pasta, si possono poi creare delle minuscole decorazioni fatte anch’esse con la pasta, magari di formato più piccolo.
  • Con la pasta scaduta si creano delle finte piantine, basta dipingerla con della tempera verde e poi riporla in vecchi ditali, che fungono da vasi. Ecco pronti degli originali cactus da mettere tutti in fila, magari sul davanzale di una finestra.
  • Prendete delle pennette e infilatele lungo uno spago, non prima di averle colorate secondo il vostro gusto: ecco pronta una bella collana, eventualmente da realizzare coi bambini, anche come lavoretto scolastico.
  • Utilizzate la pasta che volete per realizzare dei ritratti di pasta, che sono belli da vedere e originalissimi. Basta incollare la pasta su di un cartoncino, seguendo le linee del ritratto disegnato precedentemente.

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DOVE SI BUTTA LA PASTA SCADUTA?

La pasta va, di solito, gettata nel contenitore dei rifiuti organici, dove vengono eliminati anche gli scarti della frutta, della verdura e tutti gli avanzi di cibo sia cotti che crudi, così come quelli avariati. Ovviamente, va buttata senza la scatola, la quale, invece va eliminata a parte, nel contenitore della plastica o della carta a seconda del materiale di cui sia fatta.

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CHI MANGIA PIÙ PASTA AL MONDO

Nel mondo si mangia sempre più pasta: negli ultimi vent’anni la produzione di penne, spaghetti, mezze maniche, è aumentata del 63 per cento. E siamo passati da 9,1 milioni di tonnellate all’anno, a 14,8 milioni di tonnellate. Un piatto di pasta su quattro che viene consumato nelle case e nei ristoranti di tutto il mondo, è made in Italy. Ma chi mangia più pasta al mondo? In questa classifica ci sono un paio di sorprese.  Il primato, e non potrebbe essere altrimenti, spetta all’Italia: 23 chilogrammi di pasta all’anno pro-capite. Ma dopo gli italiani, ci sono i tunisini (17 chilogrammi di pasta pro-capite consumati ogni anno) e i venezuelani (15 chilogrammi pro-capite)

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