Come si fa a capire se il sushi è buono

Il pesce deve avere un colore lucente e brillante. L'odore non pungente. I tagli sodi e consistenti

cosa sapere sul sushi

SUSHI

I giapponesi sono sensibilissimi al copyright del sushi. E pronti a scatenarsi contro chiunque provi a copiare o revisionare un pezzo forte della loro cucina, più o meno come la pasta in Italia. In Giappone, uno chef di sushi viene considerato una sorta di samurai, e si può definire tale solo dopo 10 anni di mestiere a contatto con il pesce crudo.

Sulle origini del sushi ci sono ancora molte incognite, e sono numerosi i popoli del sud-est asiatico che si intestano la paternità di tale piatto, dai coreani ai giapponesi. La realtà è che, prima di essere un piatto prelibato, il sushi delle origini era solo un modo per conservare il pesce appena pescato, ed arriva dalla Cina. Lì, il pesce fresco, in assenza di sistemi di congelamento, veniva salato e arrotolato nel riso fermentato, e la fermentazione del riso consentiva al pesce di conservarsi. Mano a mano il processo di fermentazione è stato abbreviato sempre di più, fino ad arrivare a mangiare il pesce crudo.

COME RICONOSCERE UN BUON SUSHI

Alcuni segnali sono molto importanti per capire se il sushi è davvero buono. I più importanti sono i seguenti:

  • Il colore del pesce deve essere lucente e brillante. L’opacità non depone bene sulla sua freschezza.
  • Il taglio del pesce del sushi deve avere una sua consistenza. Deve essere sodo, specie nel caso del tonno.
  • Il sapore deve essere delicato e fresco e non avere un retrogusto amaro.
  • Il sushi di qualità è un pesce che non ha un odore forte e pungente.

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STORIA DEL SUSHI

Il sushi così come lo conosciamo oggi, quell’assemblaggio saporito e speciale di riso e pesce crudo, risale precisamente al periodo Edo della storia giapponese, quando perde le caratteristiche di pesce conservato e diventa riso speziato arrotolato insieme a pesce crudo, il cosiddetto nigiri sushi più simile a quello che vediamo nei nostri piatti.

E se tutta questa attenzione per la storia del sushi vi sembra eccessiva, sappiate che la sua origine è ancora molto controversa: i giapponesi sono molto orgogliosi di poter affermare che il moderno sushi nacque nella città di Nara, litigando con i vicini cinesi che ne rivendicano l’invenzione, e con i coreani che indicano nel sushi coreano, il kimbap, un antenato illustre del più comune sushi.

Diatriba storica che pare non avere risoluzione, con studiosi e ricercatori che studiano la storia del pesce crudo con il riso, come il biofisico danese Ole Mouritsen, che lo studia anche e soprattutto dal punto di vista nutrizionale. Poco chiaro è anche quando gli occidentali vennero in contatto con il sushi: la datazione più accreditata è il 1953, quando, secondo il Milwaukee Journal,  il principe Akihito lo offrì ad alcuni ufficiali americani durante un pranzo all’ambasciata giapponese a Washington.Da allora è sushi-mania: sono migliaia e migliaia i ristoranti dove poter gustare questa prelibatezza, ce n’è uno quasi in ogni città, e nelle metropoli non è raro trovare zone in cui ce ne sono anche più di due nello stesso isolato.

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TIPI DI SUSHI

Ma sappiamo, esattamente, cosa mangiamo quando mangiamo il sushi?

Il sushi non è altro che pesce crudo di vario tipo (si va dal salmone, al tonno, alla sogliola) arrotolato col riso, spezie e vari altri ingredienti come uova, alghe o verdure. Sulla tavola dei ristoranti occidentali ne troviamo diversi.

  • Il nigiri, ad esempio, molto simile al sushi delle origini, è una polpettina oblunga di riso ricoperta con una fettina di pesce fresco crudo o cotto. Il pesce utilizzato è polipo, salmone, tonno, gambero o sogliola e spesso si accompagna con l’alga nori, uno degli ingredienti principali del sushi.
  • L’hosomaki è perfetto per i primi approcci con il sushi, essendo il più piccolo e semplice bocconcino di riso con dentro pesce, bastoncini di avocado o carota, gamberi o uova di storione avvolto in alga nori.
  • Il futomaki è, invece, un hosomaki versione gigante, una specie di roll di riso ripieno di 4 ingredienti, sempre scelti tra verdure, uova di pesce o vari tipi di molluschi o pesce, che è avvolto in alga nori ed è uno tra i più grandi pezzi che si possono trovare in un vassoio di sushi misto.
  • L’uramaki si chiama anche California Roll, ed è chiamato così perché è stato creato negli anni ‘70 da un cuoco giapponese negli Stati Uniti. Non è altro che la versione ‘in negativo’ del futomaki, con alga nori al centro a custodire pesce, molluschi o verdure, e attorno del riso con sesamo o spezie.
  • Il temaki, infine, in Giappone, è concepito come cibo da passeggio, un vero e proprio spuntino lungo dieci centimetri che ricorda, nel concetto e nell’aspetto, il tanto amato ‘cuoppo’ della cucina meridionale. Non è altro che un cono di alga nori, ripieno di riso, verdure e pesce. Si mangia a morsi, vista ovviamente l’impossibilità di prenderlo con le bacchette.
  • Il sashimi, infine, non è altro che un piatto di fettine di salmone, tonno, o spigola crude, che vengono adagiate su un letto di ghiaccio.

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COME MANGIARE IL SUSHI

Sapevate, poi, che c’è una vera e propria etichetta per l’uso delle bacchette e il mangiare il sushi? Anche davanti a un vassoio di sushi non dobbiamo dimenticarci il galateo. Anzi, è un tipo di cibo che ha tradizioni ben codificate, sia sull’arte di prepararlo che mangiarlo. Prima di tutto: evitiamo le posate, per i giapponesi è quasi un oltraggio. Se proprio non sappiamo usare le bacchette, mangiamolo con le mani, è meglio. Ovviamente, questo vale solo per il sushi e non per il sashimi, ma in entrambi i casi il sushi-galateo prevede di mangiarlo in un sol boccone e di non spezzarlo. Ciò perché nella cucina giapponese è tutto preparato per poter essere mangiato tutto in una volta, e si considera assolutamente inelegante spezzare il cibo o romperlo prima di portarlo alla bocca.

Inoltre, gli chef del sushi non amano i mix: se accompagnano il vostro sushi o sashimi con la salsa di soia, non pucciate l’intero bocconcino come un cornetto nel caffellatte, ma adagiatelo lentamente dalla parte del pesce.
Quanto al wasabi, una pasta verde dal gusto piccante e deciso che viene servita assieme allo zenzero per fare da condimento al vostro sushi, non si deve mai sciogliere nella salsa di soia, è un’abitudine tutta italiana che non è molto amata dai giapponesi. E lo zenzero?
Le sfogliette di zenzero che vengono portate insieme al sushi non hanno una funzione di contorno, bensì di ‘spezza-pasto’: servono a pulire la bocca dal sapore del piatto precedente prima di passare al successivo. Basta portarne un paio alla bocca con le bacchette, non esagerate.
Infine, quando avete finito di mangiare, non strofinate le bacchette tra di loro per pulirle e non lasciatele nel piatto, semplicemente adagiatele sul loro supporto. Senza mai incrociarle.

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SUSHI SENZA RISCHI

Come tutti i cibi crudi anche il sushi ha un notevole coefficiente di rischio se il pesce è preparato male, in condizioni igieniche precarie e  non è fresco o non è ben pulito.
Il pesce per preparare il sushi, contrariamente a una credenza generale, non va consumato appena pescato: deve essere prima passato in abbattitore, in gergo tecnico si dice ‘abbattere’, appunto, in modo da poter uccidere germi o batteri. Inoltre, se il pesce non è correttamente conservato a una temperatura che consenta la morte di tutti i microrganismi potenzialmente tossici, di solito tra i meno venti e i meno trentacinque gradi, potrebbe essere pericoloso, favorendo la contaminazione del cibo.

Uno tra i batteri più pericolosi e nocivi in cui possiamo incappare mangiando sushi è l’anisakis, un parassita che si trova in diversi pesci e produce larve pericolose. Ingerirle può portare a spiacevolissime conseguenze: nausea, dolori addominali, febbre, vomito e, nei casi più gravi, emorragie interne, peritonite, blocchi intestinali. La buona notizia è che l’anisakis muore se il pesce viene correttamente conservato, così come un altro dei batteri che può contaminare il pesce crudo, l’escherichia coli.

Attenzione anche a mercurio e diossina, sostanze che possono venire ingerite o assorbite dai pesci tramite l’acqua, e che possono produrre in noi un’intossicazione abbastanza difficile da smaltire. I rischi del sushi per la salute, quindi,  sono molti, ma non è il caso di lasciarsi andare a inutili allarmismi o privarsi di questo cibo: bastano solo semplici accorgimenti per stare tranquilli. Primo tra tutti quello di scegliere solo posti conosciuti, certificati (dal passaparola, da siti di opinioni degli utenti, ecc.). Evitare, poi, i sushi bar che offrono pesce crudo a basso costo insieme all’aperitivo, i posti con tariffe troppo basse e scontate, e, se si cucina il sushi in casa, congelare il pesce per almeno 4 giorni a una temperatura inferiore ai -15/-20 gradi.

QUAL È IL GIORNO MIGLIORE PER MANGIARE SUSHI?

Per scegliere il giorno migliore nel quale mangiare sushi bisogna partire dai rifornimenti e dalla loro qualità. La domenica non si pesca, e il lunedì sul mercato non c’è pesce fresco tanto che molti ristoranti sushi scelgono proprio il primo giorno della settimana per la loro chiusura. Evitate quindi di andare in un sushi la domenica sera e se qualcuno vi propone il “monday sushi“, non abboccate: non potrà mai avere pesce fresco di prima qualità.

IL SUSHI FA INGRASSARE?

Il pesce crudo è ipocalorico e quindi il sushi non fa ingrassare. Anzi. Si tratta di un tipo di alimentazione piuttosto adatto quando si fanno diete per perdere peso, come nel caso della Dukan. Anche perché il sushi non è un piatto condito, se non con la salsa di soia, con la quale comunque è bene non esagerare. Il sushi in quanto tale non è un alimento dietetico, ma lo può diventare se le dosi sono contenute. Tenete presente che cento grammi di nigiri (l’equivalente del branzino) hanno appena 35 calorie, il salmone ha 50 calorie ogni cento grammi e il tonno si ferma a quota 45. Il pesce usato per il sushi più carico di calorie è l’anguilla: 80 calorie ogni cento grammi.

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