Non era difficile da prevedere, tra le tante conseguenze catastrofiche della guerra di occupazione voluta da Vladimir Putin in Ucraina, anche l’aumento delle spese militari in tutti i paesi occidentali. Tra questi l’Italia. Purtroppo, come spesso capita in queste occasioni, prendiamo decisioni serie, importanti, con un impatto di lungo periodo, senza lo straccio di una discussione. In sede politica, innanzitutto nelle aule parlamentari, e poi nell’opinione pubblica.
Indice degli argomenti
AUMENTO SPESE MILITARI IN EUROPA E NEL MONDO
AUMENTO DELLA SPESA MILITARE IN ITALIA
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QUANTO SPENDE L’ITALIA PER GLI ARMAMENTI?
L’Italia non è aggredita ai suoi confini. Non abbiamo un nemico alle porte. Facciamo parte di un’alleanza, la Nato, rispetto alla quale abbiamo degli impegni da rispettare ma non ordini ai quali ubbidire in modo meccanico. E siamo dentro l’Unione europea che da anni, stiamo parlando ormai di anni, discute inutilmente, sprecando solo tempo, di come attrezzare una Difesa comune. Che significa anche un esercito comune e armi in comune, se l’italiano ha ancora un significato. Bene: rispetto a questo quadro di riferimento, la decisione di aumentare la spesa militare un tanto al chilo è semplicemente immotivata, insensata. E fonte di nuovi sprechi. E arriva dopo che siamo già cresciuti in modo esponenziale in termini di spesa agli armamenti arrivando a quota 26 miliardi di euro all’anno ( a fronte di una spesa mondiale pari a 2.000 miliardi di dollari all’anno).
SPESE MILITARI 2022
Nel budget delle spese militari 2022, che segna il record storico per l’Italia, a proposito di sprechi, è stata più volte sottolineata una totale inefficienza. Corriamo ad acquistare armi, ma intanto abbiamo un esercito sovradimensionato, con 162.000 unità che dovrebbero scendere, secondo una legge del 2012, a 90.000 militari e 6.300 civili entro il 2024. Ma poiché le leggi in Italia sono scritte sulla sabbia, è chiaro che la guerra in Ucraina, e l’aumento del budget della Difesa, sarà una buona occasione per la lobby della Difesa per congelare la diminuzione degli organici. Abbiamo generali strapagati e una percentuale della spesa appena attorno al 4 per cento è destinata all’addestramento degli uomini. Compreremo armi che non sapremo usare.
A CHE SERVONO TUTTE QUESTE ARMI?
Mentre non si capisce bene a che cosa servano davvero tutte queste armi che continuiamo a comprare, due cose sono sicure. La guerra in Ucraina avrebbe dovuto essere l’occasione, e la stiamo sprecando, per consentire al progetto della Difesa comune europea di fare un salto in avanti. Importante. A partire dai soldi, che bisognava spendere non con un tot a paese, ma distribuendo le singole voci, proprio per evitare sprechi e sovrapposizioni. E invece ognuno è andato avanti per la sua strada, anche il premier Mario Draghi ha fatto notare questa incongruenza, finanziando così la propria industria bellica nazionale, e rinviando alle calende greche i progetti della Difesa comune europea. La seconda certezza è che i nostri militari sono ottime persone, che spesso rischiano la vita e meritano il massimo rispetto. Ma non c’è bisogno di essere pacifisti per prendere atto che noi nelle guerre possiamo avere un solo ruolo: quello di autorevoli e credibili mediatori. Non siamo un paese attrezzato, anche nella psicologia nazionale, per fare veri combattimenti. E non siamo un popolo guerrafondaio, o abituato a vivere armato, come nel caso degli americani. Queste cose le dice la storia, e ne dovremmo tenere conto.
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PIÚ SOLDI PER LE ARMI
L’idea di mettere più soldi sul tavolo per acquistare armi, a questo punto non può ricondurci ai principali beneficiari di questo spreco: l’intera filiera dell’industria delle armi. Aziende, commercianti e mediatori. Gente che fa il proprio lavoro, ma con una capacità di lobbying altissima, come si vede anche con le decisioni prese a proposito dell’aumento della spesa militare. Siamo grandi produttori e venditori di armi, e il nostro export, soltanto in un anno, è aumentato dell’85 per cento. Immaginiamo a quali livelli arriverà dopo la guerra in Ucraina. Aumentiamo la spesa militare in modo insensato, sottraendo risorse ad altri capitoli, compreso l’Ambiente; sprechiamo i soldi del budget della Difesa con spese mal distribuite; rafforziamo il nostro ruolo di produttori ed esportatori di armi. Però scendiamo in piazza a chiedere, nella nebbia dell’ipocrisia, la pace per tutti.
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DIFESA COMUNE EUROPEA OSTACOLI
Di Difesa comune europea si parla dal lontanissimo 1956: già i padri fondatori avevano capito bene che senza mettere insieme le politiche di Difesa e Sicurezza, con un relativo esercito comune e con armi in comune, l’intera architettura dell’Unione sarebbe stata sempre molto fragile. Ma arrivare alla Difesa comune europea, cioè al cuore di una vera integrazione, significava ieri, e ancora oggi, superare alcuni ostacoli decisivi. Il primo: convincere i governi, a partire da Francia e Germania, a cedere sovranità, in un settore dove tutti, politici e militari, sono molto gelosi del proprio potere. Una scelta, una volta fatta, destinata a essere irreversibile. E certo non si può pensare a un’Europa unita della Difesa che per prendere una decisione deve chiedere il permesso a 27 stati: il meccanismo dell’unanimità, almeno in questo campo, va superato. Secondo ostacolo: mentre dal 1956 l’Europa si è continuamente allargata, oggi per avere una Difesa comune significa mettere insieme 27 forze armate, con armamenti in alcuni casi incompatibili. Siamo in presenza di una babele militare, come risulta evidente dal numero fuori misura, e indice di enormi sprechi, dei sistemi d’arma, ovvero delle piattaforme per gestire missili, carrarmati, siluri, elicotteri. In America sono 30, in Europa sono 178; negli Stati Uniti esiste un unico sistema per i carrarmati, in Europa se ne contano ben 17.
PRODUTTORI DI ARMI IN EUROPA
Ma l’ostacolo più pesante che frena scelte chiari e forti a favore della Difesa Comune Europea è rappresentato dalla potentissima lobby europea, ciascuna in ciascun paese, dei produttori di armi e munizioni. Stiamo parlando di migliaia di aziende, alcune da sistema Paese e con fatturati da imprese top nel mondo. In Germania si contano 221 produttori di armi, in Italia 157, in Francia 122: ognuno di loro ha un interesse evidente a conservare lo status quo. Mettere insieme l’esercito e le armi, infatti, significherebbe risparmiare e razionalizzare la spesa militare in Europa. Cosa inaccettabile per i produttori, ben spalleggiati a livello politico. Così, contrariamente a quanto si immagina, attualmente la spesa militare in Europa è altissima, e fonte di enormi sprechi: siamo a 233 miliardi di dollari all’anno, quasi quattro volte i 62 miliardi di dollari spesi dalla Russia. L’unica certezza, di fronte a tante incognite, è ancora l’assioma del 1956: senza mettere insieme le politiche di Difesa e gli eserciti, non potremo mai parlare di qualsiasi di simile agli Stati Uniti d’Europa.
CHI HA PIÙ ARMI NUCLEARI TRA AMERICA E RUSSIA
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