WEB TAX
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WEB TAX: COS’É
La web tax è giusta, e lo dimostrano alcuni, semplici numeri. Google e Facebook, padroni del web e del relativo mercato pubblicitario, nel 2015 hanno pagato in Italia 2,4 milioni di euro di tasse, pari allo 0,3 per cento dei loro ricavi. Nulla. Allo stesso tempo, il fisco italiano ha accertato evasioni fiscali per centinaia di milioni, e la stessa Google, con Apple, hanno iniziato ad abbassare la guardia, riconoscendo, con delle transazioni, il buco che hanno creato nei nostri conti pubblici.
Soltanto Google e Apple finora hanno tirato fuori oltre 600 milioni di euro per chiudere i conti con il fisco italiano. E adesso tocca ad Amazon sganciare i quattrini. Se sommate queste cifre recuperate (calcolando anche Amazon), vi accorgete che stiamo parlando di uno spreco che supera il miliardo di euro, e secondo i conti fatti dagli uffici delle Agenzie delle entrate la base imponibile complessiva di tutti i colossi della tecnologia in Italia ammonta a 32 miliardi di euro. Ciò significa che, alla fine, lo Stato italiano potrebbe incassare qualcosa come 10-15 miliardi di euro: i soldi che, per esempio, si potrebbero utilizzare per finanziare il reddito di inclusione ai poveri. O per migliorare Sanità, Istruzione, Trasporti pubblici.
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WEB TAX IN ITALIA
Infine, la web tax è giusta in quanto questa sorta di evasione palese e mai bloccata, altro non fa che confermare l’enorme potere accumulato da questi gruppi. Troppo potere e troppo concentrato, troppa onnipotenza. Nel 2006, per capirci, tra le prime cinque aziende quotate in Borsa, in America, dall’universo tecnologico proveniva solo Microsoft: le altre erano società petrolifere (Exxon Mobil), grandi holding industriali (General Electric), e banche (Citigroup e Bank of America). Adesso le prime cinque sono queste, nell’ordine: Apple, Google, Microsoft, Amazon, Facebook. E non vi sembra giusto che paghino le tasse?
(Credits immagine di copertina: Benny Marty / Shutterstock.com)
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