
Un pavimento musivo grande 80 metri quadri, integro dopo più di 2000 anni. Come quello che mostra la meraviglia di un vaso ricco di fiori. Un altro, in camera da letto, raffinatissimo: le tessere sono talmente piccole da farlo sembrare un pavimento compatto, con accanto un mosaico che mima un tappeto. Siamo in stanze che si affacciavano sul portico della domus d’età repubblicana e che hanno mantenuto tracce abbondanti di una decorazione marmorea di giallo antico, "che solo un imperatore si poteva permettere". Questa la scoperta avvenuta gli scorsi mesi a San Cesareo. Ma l’entusiasmo viene subito spento dallo stato di degrado del sito archeologico: cumuli di terra, frammenti antichi sparsi ovunque, antichità in decomposizione. La ditta edile proprietaria del terreno usa l’area come deposito. E parti importanti del ritrovamento dell’antica villa romana sono state occultate dalla strada di collegamento con una villetta moderna.
Siamo sul colle del Noce, nel comune di San Cesareo, alle porte di Roma, proprio dove, camminando sulla Labicana, i viandanti diretti verso l’Urbe vedevano un sacrario imperiale detto "ad statuas". Le statue sono state depredate nell’Ottocento e arricchiscono ora collezioni romane e straniere. Ora sono state trovate le mura. Ma non c’è uno straccio di cartello di cantiere davanti al cancello della (permeabile) recinzione che dovrebbe proteggere i resti di due ville con le terme, un acquedotto, fontane. Eppure l’interrogazione alla Camera presentata il 19 maggio da Maria Anna Madia (Pd) per chiedere al ministro Galan di apporre immediatamente un vincolo, spiega che si tratta di sondaggi eseguiti dalla Soprintendenza archeologica del Lazio in vista della "realizzazione di un piano integrato" realizzato dalla Due G immobiliare srl.
Gli ultimi scavi hanno riportato alla luce i resti di una augusta dimora di età repubblicana. Potrebbe essere la villa di Cesare. Ricordano Plutarco Svetonio che "alle ultime idi di settembre" del 45 Giulio dettò qui il suo testamento, adottando Ottaviano cui destinava i tre quarti dell’eredità. È la stessa area, le medesime pietre, dove un altro "Cesare", Massenzio, nel 308 d. C. fu incoronato imperatore all’interno della sua splendida dimora. "San Cesareo è stata scavata in lungo e in largo alla ricerca della villa di Cesare, ma mai è stata trovata una villa d’età repubblicana di questa bellezza. È quasi certamente una parte della dimora del divo Giulio" spiega Emilio Ferracci, autore di numerosi studi su San Cesareo, per 15 anni ispettore onorario della Soprintendenza e ora esponente del neonato comitato "Salviamo la villa di Massenzio". "Salvarla da cosa? Vogliono costruirci accanto, e sopra, palazzine e un campo da basket. C’è solo spazio per la chiesa di San Giuseppe prevista dal progetto, ma in un’area dove non sono stati rinvenuti i resti".
La scoperta della villa di Massenzio (un’area grande 20mila metri quadri con muri alti più di due metri) è avvenuta all’inizio degli scavi preventivi in vista del piano edilizio integrato "Parco della Pietrara". Dei mosaici, della gigantesca cisterna e delle terme collegate alla via Labicana, ha parlato l’archeologa Maria Cristina Recco in due convegni internazionali a Roma, nel 2010 e lo scorso aprile all’Accademia di Olanda. Ma ora i piani di marmo si stanno sgretolando alle intemperie, come i mosaici e i muri intonacati che hanno bisogno urgente di restauri. Una tarda necropoli e alcune vasche sono state inoltre interrate dalle ruspe. E poi c’è la strada recintata costruita proprio sopra la fontana, i pozzi e l’antica piazza con le basole: serve a una villetta della zona e taglia in due lo scavo. Di notte, infine, le antiche vestigia diventano terra di nessuno. E gli ambienti della nuova, più antica, villa sono in mano ai vandali: prima ancora che gli scavi e gli studi abbiano portato a termine la missione per ridare a Cesare quel che è di Cesare.