Starbucks in Italia, quanta rabbia. Caffè e cappuccino costano il doppio rispetto ai nostri bar. E poi: non potevano farla gli italiani la catena del caffè?

Onore al merito agli americani che hanno creato un colosso mondiale del caffè. E solo a Milano hanno dato 300 posti di lavoro agli italiani. Ma questo tempio del kitsch in versione espresso, fa riflettere. Sulla miopia dei nostri industriali, spesso bravi ma nani

starbucks in italia

STARBUCKS IN ITALIA

Anche Non sprecare ha fatto una visita, da cliente al negozio di Starbucks appena aperto a Milano in uno spazio di ben 2.300 metri quadrati. E il primo commento che vi giriamo è questo: chapeau ai signori americani che hanno creato un format gradito a 85 milioni di persone  in 78 paesi del mondo. E grazie per le 300 assunzioni fatte in Italia, alle quali nei piani dell’azienda ne seguiranno altre, con diversi negozi a Milano, e poi Roma, Venezia e Firenze.

Per il resto, la nostra sensazione è di sco0ncerto misto a rabbia. Il locale è un tempio del chic americano, con tanto marmo, tanto marketing (c’è anche un piccolo impianto di torrefazione) e poco gusto. I conti sono micidiali. Il caffè base costa 1,80 euro (il doppio dei nostri bar),  con il cappuccino si vola a 4,50 euro (il triplo della norma) e così per tutto il resto: dalla brioche (2,20 euro) al muffin (4 euro). Sono prezzi super lusso, nella logica dell’azienda e probabilmente su misura per una citta ricca come Milano.

E veniamo alla rabbia. La sola idea che in Italia, la patria del migliore espresso del mondo, nella regione e nella città più ricche del Paese, la Lombardia e Milano, in un palazzo storico, la ex sede delle Poste, a presidiare questo mercato sia un colosso americano, francamente fa rabbia. E fa venire in mente  quante opportunità sprechiamo con i nostri marchi, i famosi brand, le nostre competenze, sempre sul filo dell’artigianato industriale, la nostra creatività: tutto nell’angolo, per colpa di un congenito nanismo, talvolta abbinato a miopia, del nostro capitalismo. Dei nostri capitalisti sempre senza capitali. E qualche volta anche un tantino furbetti più che lungimiranti.

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starbucks in italiaAPERTURE STARBUCKS IN ITALIA

Starbucks è di fatto la prima catena mondiale del caffè, un colosso, nato grazie all’energia di Howard Schultz, nei vicinissimi e frizzanti anni Ottanta. E sapete a quale modello si è ispirato questo tycoon americano? Alle caffetterie italiane. D’altra parte non poteva fare diversamente, visto che la patria del caffè in tazzina come luoghi (i bar, le caffetterie), prodotto (le industrie di torrefazione) e cultura (i nostri riti quotidiani) è l’Italia. Punto. Quindi, a forza di restare piccoli e con gli occhi chiusi a difendere orti e orticelli, abbiamo ottenuto lo smacco: il gigante che viene a colonizzare la patria del caffè. Parte da Milano e poi, se funziona, sbarcherà in tutte le regioni italiane. Tutto normale, tutto secondo le logiche del mercato, laddove mentre le nostre banche pensavano a finanziare spregiudicate operazioni immobiliari di presunti imprenditori, l’industria globale, con i relativi punti di vendita, ha continuato a crescere con innovazione, marketing, dimensioni. Come appunto racconta il fenomeno Starbucks che a Milano si è presentato anche nella veste di mecenate del verde, visto che ha regalato le famose e discusse palme di piazza Duomo. A fronte del quale la miriade di industriali del caffè che abbiamo in Italia altro non sono che nanetti, ed eccellenze industriali, pensiamo a Lavazza e Illy, hanno deciso di rinunciare a competere con la catena americana sul fronte commerciale.

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STARBUCKS MILANO

L’operazione Starbucks avviene attraverso Antonio Percassi, ex calciatore dell’Atalanta e del Cesena, diventato un potente distributore commerciale attraverso una rete di centri molto efficaci. E Starbucks si presenta con tutta la sua gamma di prodotti, tra i quali una serie di miscele tutte ispirate, guarda caso, a nomi italiani: Frappuccino, Caramel Mocha, Espresso macchiato, doppio e americano. Una corazzata in un mercato molto ricco, visto che il 69 per cento degli italiani consuma la mattina almeno un caffè al giorno al bar.

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STARBUCKS IN ITALIA: PERICOLO O OPPORTUNITÁ

L’incredibile e paradossale colonizzazione del caffè presenta molti problemi. Il primo: ma non potevamo farla noi italiani una catena tipo Starbucks? Possibile che non riusciamo più, anche come imprenditori, a pensare e sognare in grande? Il secondo effetto negativo lo subiranno i bar, ai quali il gigante americano farà una concorrenza spietata, forte di un brand ormai riconosciuto in tutto il mondo. Infine, una stangata aspetta i consumatori: il prezzo del caffè venduto dagli americani, come volevasi dimostrare, è molto più alto nel nostro, ottimo e locale espresso.

(Immagine di copertina credits Ansa e Tgcom, foto a corredo del testo tratte dalla pagina Facebook di Starbucks Reserve Roastery Milano)

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