Pesca non sostenibile: pesci troppo piccoli e ritmi altissimi

Intanto in Italia, paese ricco di pesce, importiamo il 75 per cento del pesce che consumiamo. Tra i fattori di rischio anche il crescente inquinamento del mare

PESCA SOSTENIBILE MEDITERRANEO –

PERICOLO PESCA NON SOSTENIBILE

I numeri ci dicono due cose: sprechiamo una grande risorsa del Paese, come sistema Italia, e sprechiamo una straordinaria opportunità di buona e sana alimentazione, come consumatori. La pesca made in Italy è in grande crisi, con una perdita, dal punto di vista occupazionale, di 18mila posti di lavoro e di oltre 6mila barche. Un crollo nell’Italia che ha bisogno di lavoro, specie per i giovani, e di nuove occasioni, legate anche a nuovi stili di vita e Sostenibilità, per crearlo. Un danno enrome per i consumatori italiani che, nonostante la ricchezza dei nostri mare, la nostra secolare tradizione in questo settore, arrivano a consumare fino al 75 per cento pesce importato. Spesso di pessima qualità.

CONSUMO PESCE IN ITALIA

Questo inutile spreco potrebbe essere evitato consumando maggiormente il nostro pesce, ottimizzandone la pesca  e senza sfruttare in maniera miope i nostri mari. Oltre ai cambiamenti climatici e l’inquinamento marino, tra i fattori di rischio più preoccupanti per i mari italiani c’è la pesca biologicamente non sostenibile. Secondo l’edizione 2016 de “Lo stato mondiale della pesca e dell’acquacoltura”, il rapporto stilato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), quasi il 60 per cento degli stock di pesce monitorati nel Mediterraneo viene pescato a ritmi insopportabili, che mettono a rischio la riproduzione di molte specie.

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PESCA SOSTENIBILE MEDITERRANEO

Per la prima volta nella storia il consumo di pesce nel mondo ha raggiunto i 20 chilogrammi pro-capite all’anno. Questo importante traguardo è stato reso possibile dalla riduzione degli sprechi, da una maggiore offerta proveniente dall’acquacoltura e da una pesca record di alcune specie. Quest’ultima, però, in molte parti del mondo (compreso il nostro Mediterraneo) continua a non essere regolamentata in maniera adeguata con la conseguenza che un terzo degli stock di pesce a uso commerciale viene attualmente pescato a livelli biologicamente non sostenibili. La percentuale si è addirittura triplicata rispetto al 1974. Tra le specie più colpite ci sono i piccoli pesci pelagici, come acciughe e sardine ma anche specie più grandi come il nasello, la triglia, la sogliola e l’orata.

PERICOLO PESCA NON SOSTENIBILE 1

PESCI ALIENI MEDITERRANEO

Oltre alla pesca sconsiderata, il rapporto inserisce tra i motivi di preoccupazione anche la presenza nel Mediterraneo, soprattutto quello Orientale, di specie ittiche invasive che sono arrivate nel nostro mare a causa dei cambiamenti climatici e che mettono a rischio la sopravvivenza di quelle autoctone. Tra questi pesci “alieni” c’è il pesce palla che, a seguito dei fenomeni di “meridionalizzazione” e “tropicalizzazione” delle acque, si è spostato dal Mar Rosso attraverso il Canale di Suez. La migrazione cominciata intorno al 2003 è passata dalle coste di Egitto, Israele, Turchia e Lampedusa per terminare la corsa, nell’aprile di quest’anno, al largo delle coste di Briatico in Calabria. I pesci palla, oltre a produrre un impatto negativo sull’ecosistema marino del mediterraneo, sono anche un pericolo per la salute umana. Questa specie, infatti, è fortemente tossica (100 volte più del cianuro) a causa dell’accumulo di una neurotossina, chiamata TTX, che resiste anche alla cottura. Per evitare, come accaduto in Egitto, Grecia, Israele e Turchia, episodi di grave intossicazione, che in alcuni casi hanno portato anche alla morte, è necessario non entrare a contatto con questo pesce. A tal proposito il FishLab del dipartimento di scienze veterinarie dell’Università di Pisa ha prodotto dei fascicoli informativi per riconoscere le 3 specie che si possono ritrovare nelle acque italiane: il pesce palla maculato, il capolepre e il pesce palla liscio.

PERICOLO MICROPLASTICHE

Un altro fattore che sicuramente incide sulla sopravvivenza di numerose specie è l’inquinamento delle acque. Tra gli inquinanti più pericolosi ci sono le microplastiche provenienti dalle acque reflue delle lavatrici. Questi frammenti provengono dal lavaggio dei capi in fibra sintetica (acrilico, polietilene, polipropilene, poliammide e poliestere) e possono assorbire sostanze a elevata tossicità. Le microplastiche, essendo davvero molto piccole, una volta nei mari vengono ingerite dagli organismi acquatici, pesci compresi, e quindi inevitabilmente entrano a far parte della catena alimentare dell’uomo. Del problema allarma soprattutto il cambiamento delle abitudini alimentari dei pesci. In un recente studio dell’università svedese di Uppsala un campione di larve di pesce persico, messe di fronte a particelle di microplastica e dello zooplancton, hanno preferito mangiare la plastica. Questo sconvolgimento nella loro dieta ha portato ad un cambiamento anche nel loro comportamento. Le larve cresciute in presenza di plastica, infatti, non sono più in grado di riconoscere l’odore del luccio, il predatore abituale di questa specie, e quindi vengono catturate molto più facilmente. Una delle ricercatrici che ha condotto lo studio spiega questo comportamento con il fatto che: “le larve vedono nella plastica una risorsa ad alta energia e quindi tendono a mangiarne molta, un po’ come fanno gli adolescenti con il cibo dei fast – food”.

COME SCEGLIERE IL PESCE MIGLIORE PER LA TAVOLA E NON FARSI FREGARE

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