EDUCAZIONE AMBIENTALE NELLE SCUOLE ITALIANE –
A Vienna e Francoforte ho partecipato a dei corsi scolastici per diffondere la cultura ambientale intitolati “Non sprecare”. E’ normale in questi paesi considerare l’ambiente come una materia di primo livello, molto affine all’educazione civica, ma anche alla storia e alla geografia. Ed è normale che i ragazzi, per esempio, sappiano già da piccoli come fare la raccolta differenziata, oppure quali danni può provocare un mozzicone di sigaretta spento in un giardino. Adesso la materia ambiente arriva anche nella scuola italiana.
Era ora. Finalmente l’educazione ambientale diventa materia di insegnamento, obbligatoria, in tutte le classi, dalla scuola materna alla secondaria superiore. Si parte dal prossimo mese di settembre, quindi già con il nuovo anno scolastico, e la novità non è secondaria in un sistema scolastico che negli anni ha pensato bene perfino di cancellare l’educazione civica. Quindi, bene fanno i ministri Gianluca Galletti (Ambiente) e Stefania Giannini (Istruzione) a rivendicare l’importanza della loro decisione anche se potevano risparmiarsi un malloppo di quasi 200 pagine per presentarla (non dobbiamo semplificare?). D’altra parte, se un giovane studente deve conoscere l’informatica e le varie applicazioni della tecnologia, perché non dovrebbe sapere anche che cosa avviene nel mondo a proposito di cambiamento climatico, come si fa la raccolta differenziata e come si coltiva un terrazzo o un giardino. Ho partecipato in Germania, in Austria e in Danimarca, a corsi ambientali con studenti delle scuole medie che avevano come titolo Non sprecare, perché la lotta agli sprechi, a 360 gradi è parte essenziale di una nuova cultura ambientale.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE COME MATERIA D’INSEGNAMENTO OBBLIGATORIA –
Adesso che la materia è stata incardinata nei piani di studio, bisogna però evitare tre rischi. Il primo: che sia considerata una materia di serie B, quasi facoltativa. Al contrario, l’educazione ambientale deve avere visibilità e piena dignità nel programma di studio ai vari livelli, con le relative risorse, altrimenti diventa solo un’operazione di facciata e uno slogan da politici a caccia di consensi. In secondo luogo, lasciamo all’autonomia delle scuole la possibilità di fare i loro piani, privilegiando gli aspetti che ritengono più utili dell’universo dell’educazione ambientale. E ricordandoci che le scuole italiane stanno molto più avanti dei vari ministri: lo dimostra, per esempio, il boom degli orti scolastici che si sono moltiplicati in tutta Italia. Infine, non carichiamo la nuova materia di particolari significati, quasi di un valore simbolico di catarsi collettiva. Non è così. Aboliamo, per esempio, l’aggettivo “virtuoso” a proposito dei comportamenti individuali orientati al Non sprecare e alla difesa dell’ambiente. Non si tratta di una virtù, ma semplicemente di un utile buon senso che deve entrare nella coscienza di una persona e di un cittadino. E in questo percorso la scuola può essere determinante.