
A metà strada tra lo spreco, anche della vita, e la malasanità. Il boom dei parti cesarei in Italia non ha altre spiegazioni e purtroppo si abbina con una statistica davvero vergognosa: nel nostro paese, tre donne su 100mila perdono la vita in occasione della nascita del loro figlio. Il momento più naturale nel percorso di una mamma che si trasforma in una tragedia.
PARTI CESAREI IN ITALIA
La tendenza a speculare sui parti cesarei sembra inarrestabile. Come ricorda, con numeri ben documentati, Silvia Camisasca in un’inchiesta pubblicata sul quotidiano Avvenire, in Italia un parto su tre avviene per via chirurgica. E guarda caso le percentuali diventano molto più alte, sfiorando la soglia del 50 per cento, nelle regioni meridionali, a partire dalla Campania. In questo modo il nostro paese è il primo in Europa per parti cesarei, con 10 punti sopra la media Ocse. La conferma dello spreco e di una prassi da malasanità arriva anche attraverso un altro dato significativo. I parti cesarei sono molto più praticati nelle cliniche private, dove i bambini nascono per via chirurgica nel 64,6 per cento dei casi.
NUMERO PARTI CESAREI IN ITALIA
Come si spiega l’anomalia? La risposta è semplice: con il maggiore guadagno per la struttura, ospedale o clinica convenzionata, e per lo staff dei medici. Ogni parto cesareo, infatti, ha un costo aggiuntivo rispetto a quello naturale pari a non meno di 1.139 euro, ai quali bisogna aggiungere l’aumento delle giornate di degenza. Il conto è sulle spalle del servizio sanitario nazionale, visto che le strutture esaminate dal ministero, in tutto 78, sono appunto ospedali pubblici e cliniche convenzionate. E il costo totale di questo spreco per il momento è di 85 milioni di euro. I cesarei, ultima anomalia, sono particolarmente concentrati proprio nelle regioni del Centro-Sud dove il deficit sanitario è più alto e dove è vuota la maggior parte delle cartelline cliniche (72 per cento dei casi in Sicilia).
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RISCHI DEL PARTO CESAREO
Tenendo conto che il cesareo aumenta tutti i fattori di rischio, dalla possibilità di decesso per la donna (il rischio è triplo rispetto a un parto naturale) alle lesioni per il neonato (+ 37 volte), a questo punto il ministero della Salute si trova di fronte alla possibilità di inviare la documentazione agli uffici della Procura della Repubblica. I possibili reati commessi sono gravissimi: lesioni, falso in atto pubblico e truffa al servizio Sanitario nazionale. Ma in attesa del solito intervento della magistratura, le regioni potrebbero aumentare i controlli e le famiglie potrebbero, a loro volta, vigilare sul comportamento dei medici e dei responsabili dei reparti. Il ministero ricorda che «il parto cesareo non è privo di rischio e deve essere eseguito solo se si verifichino condizioni cliniche che lo rendono necessari».
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