Il manager della felicità, così le aziende provano a capire i desideri dei lavoratori

Una nuova figura nella prima fila dei manager. Con due obiettivi: migliorare il clima nell’ambiente di lavoro ed evitare la fuga dei migliori dipendenti. Ma il primo passo avanti per la felicità è aumentare gli stipendi.

direttore della felicità

MANAGER DELLA FELICITÀ

Può sembrare un gioco, ma non lo è. In America, e anche in Italia, avanza una nuova figura nella prima fila dei manager delle aziende: il direttore della felicità. In inglese si chiama chief happiness officer. Di che cosa si occupa? Di rendere più soddisfatti i dipendenti della società, di capire le loro reali esigenze e di creare un buon clima nell’ambiente di lavoro. Il tutto con due obiettivi: evitare le fughe dei cervelli, o anche dei più bravi, che magari lasciano il posto in quanto insoddisfatti; aumentare la produttività dei lavoratori.

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DIRETTORE DELLA FELICITÀ

La felicità non è un concetto così astratto. Ci sono scuole nelle quali la insegnano, e perfino governi che hanno introdotto un ministero ad hoc. Ma qui la novità interessante è un’altra, e cioè il ritorno al dialogo con i lavoratori, che passa anche per un esame più attento delle loro esigenze. Dai benefit, all’accoglienza del luogo di lavoro, dal rapporto con i capi al clima generale che si respira all’interno di un’azienda.

Faccio un esempio. Le statistiche dicono che per i lavoratori la possibilità di portare un cane in azienda vale più di un buono per l’asilo, e perfino di uno sconto sulla benzina. E questo come fa un’azienda a capirlo? Il manager può aiutare. Ancora: il benessere di un lavoratore è fatto di relazioni umane, di rapporti fisici con gli altri, il contrario cioè delle solite vessazioni e dei continui appelli alla produttività dei lavoratori.  Un buon manager, anche nell’interesse della società, deve riuscire a intercettare questi sentimenti. Al contrario, formule vessatorie, come l’idea introdotta da Amazon di un braccialetto per controllare il lavoro dei suoi dipendenti nel settore delle spedizioni, ricordano la società dello schiavismo.

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COME ESSERE FELICI DEL PROPRIO LAVORO

Un’ultima considerazione: la felicità significa anche sicurezza, stabilità, stipendi decenti. Abbiamo troppi lavoratori che continuano ad andare avanti sommando “lavoretti”, uno più precario dell’altro, uno peggio pagato dell’altro. Questa è una rotta da invertire, e lo si può fare solo in un modo: mettendo più soldi nelle tasche dei lavoratori ed evitando gli abusi dei contratti temporanei. Anche questa è felicità.

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