
CRISI ARTIGIANATO ITALIA –
Stiamo sprecando una grande occasione per una nuova crescita economica, più sana e più equilibrata, e per dare nuovo lavoro ai giovani. L’artigianato sprofonda, mentre dovrebbe essere uno dei volani della ripresa.
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CRISI IMPRESE ARTIGIANE IN ITALIA –
Gli ultimi dati sono davvero drammatici. Soltanto nell’ultimo anno hanno chiuso 21.780 botteghe, alcune anche storiche. E dal 2009 il crollo è stato di 116mila unità. Una caduta verticale, che parte da lontano e si sta consumando nell’indifferenza del governo e delle amministrazioni locali. Gli artigiani chiudono, senza successione, perché gli affitti, specie nei centri storici, sono troppo alti. Come le tasse. La pressione burocratica è opprimente. E nessuno difende queste botteghe.
Scompaiono così barbieri, pellicciai, impagliatori, corniciai, fabbri. Intere categorie. Gli unici settori in controtendenza sono quelli che riguardano le estetiste, i parrucchieri e i creatori di tatuaggi. Ed è in forte crescita il numero degli ambulanti che vendono cibo di strada.
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CRISI ARTIGIANATO: LE REGIONI PIÚ COLPITE –
Le regioni più colpite da questo fenomeno sono, ancora una volta, quelle del Mezzogiorno. E in particolare la Sardegna (-14 per cento nell’ultimo anno), l’Abruzzo (- 12 per cento), la Basilicata e la Sicilia ( – 11 per cento).
La crisi senza freni dell’artigianato, che invece andrebbe incentivato e sviluppato attraverso le piattaforme web, è un segnale di un pezzo di economia che sta morendo. Un’economia che rappresenta i codici genetici della creatività made in Italy, ed è la base dell’ascensore sociale. Ricordiamo che negli anni del boom, proprio partendo da piccole botteghe, sono nati fior di industriali e di aziende, poi diventate colossi mondiali. Adesso il percorso è inverso: l’artigianato muore, e gli imprenditori, quando possono, vendono le aziende agli stranieri.