La Cina è servita: come frutta e ortaggi cinesi mettono ko i nostri prodotti

Il governo di Pechino negli ultimi dieci anni ha acquistato 100 milioni di ettari di terreni agricoli in Africa, e continua a crescere. Da questa piattaforma, i cinesi producono ortofrutta che esportano in tutto il mondo. Mentre quella italiana…

aumento importazione frutta e verdura

AUMENTO IMPORTAZIONE FRUTTA E VERDURA –

Vi è mai capitato di mangiare un fungo cinese? E il pelato o la mozzarella made in China? Se la risposta è no, consideratevi fortunati: le importazioni di prodotti agroalimentari dalla Cina, clandestine o regolari, sono in continua cresciuta e fuori dai controlli previsti dalla solita Babele di leggi quasi mai efficaci quando sono troppe, e talvolta in contraddizione. Se invece la risposta è sì, allora preparatevi al botto finale: un’invasione di prodotti cinesi in Italia, e questa volta non in arrivo dall’Asia, ma dall’Africa. E quindi neanche di pessima qualità.

LEGGI ANCHE: Etichette alimentari, ecco come decifrarle e non farsi ingannare

IMPORTAZIONE FRUTTA E VERDURA CINESE –

Negli ultimi dieci anni la strategia dell’imperialismo agricolo della Cina, affamata di terre e di braccia per coltivarle, non ha conosciuto argini. Il governo di Pechino, direttamente o indirettamente attraverso le società pubbliche o i finti imprenditori privati, ha acquisito circa 100 milioni di terreni agricoli in Africa. Ovvero in paesi come Senegal, Togo, Costa d’Avorio, Camerun, Tanzania e così via: una vera e propria colonizzazione che, oltre a segnare un’avanzata strategica della Cina in Africa (mentre noi o siamo cinicamente indifferenti di fronte ai problemi africani, oppure facciamo il Paese-colabrodo degli immigrati irregolari), sta dando un bel colpo sulla schiena all’agricoltura made in Italy e all’intera filiera dell’ortofrutta. Dove, lo ripeto fino alla nausea, abbiamo grandi opportunità da non sprecare, per creare lavoro, crescita economica, benessere, nuovo e sano sviluppo economico.

Nei fertilissimi terreni africani, infatti, i cinesi producono ortaggi, frutta (dal melone al melograno, per parlare solo di prodotti anche nostri), legumi e perfino erbe aromatiche. Andiamo dalle lenticchie al pomodoro, e si entra direttamente in concorrenza con il cuore dell’ortofrutta made in Italy.

Così i prodotti cinesi, ma questa volta non contraffatti quanto originali, e coltivati nella meravigliosa terra africana, stanno invadendo i mercati europei, i paesi del Medio Oriente e buona parte del mondo. E chi perde quote in questi ricchi e promettenti mercati? L’ortofrutta italiana. Nonostante l’immenso valore del nostro giacimento d’oro chiamato Export di ortofrutta (4,76 miliardi di euro l’anno), nonostante la generosità e talvolta anche la capacità innovativa di migliaia e migliaia di bravi agricoltori, nonostante i tanti appelli che si ripetono, spesso invano e nonostante la buona volontà del ministro Maurizio Martina, per sostenere l’Agricoltura made in Italy.

ESPORTAZIONE PRODOTTI ALIMENTARI ITALIANI ALL’ESTERO –

Il nostro Paese, a proposito di esportazioni nel settore degli ortaggi e della frutta, è solo al quinto posto nella classifica europea del commercio all’interno dell’Unione. E al primo posto ci sono i soliti concorrenti, ormai vincenti, spagnoli, mentre vi sembra mai possibile che l’Olanda riesca ad esportare in Europa il doppio degli ortaggi e della frutta italiana, pur avendo solo un decimo della nostra superficie coltivata? Questo è spreco puro, per l’Italia, non solo per le imprese agricole del settore.

Stiamo perdendo la partita contro le mele polacche e contro l’insalata olandese e tedesca (che trovate regolarmente in vendita in Sicilia!), mentre sono crollate le nostre esportazioni perfino nel mercato Nordafricano. E senza esportazioni nel mondo globale, in Agricoltura come in tutti i settori economici, non si esce dalla Grande Crisi, non si crea un nuovo modello di sviluppo, più sano, più solido e meno esposto al rischio delle ricadute. Ma si alzano soltanto le mani di fronte al concorrente cinese e non cinese, e anche alle loro porcherie, o ex porcherie, che poi finiscono sulle nostre tavole.

COME DIFENDERE I NOSTRI AGRICOLTORI:

 

Torna in alto