
Ebbene si, anche Google inquina. È strano pensare che una semplice ricerca online possa avere un impatto ambientale eppure è emerso che digitare cento domande sul motore di ricerca equivale a consumare ben 20 kg di CO2, l’energia necessaria a stirare una camicia. Tre settimane passate a guardare video su youtube costano, invece, l’energia di una lavatrice in termini energetici e 3 kg di CO2 in termini ambientali.
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Date queste premesse se ne deduce, quindi, che stare comodamente seduti davanti al pc navigando online e ascoltando musica, fa male all’ambiente. Se pensiamo poi a tutte le parole immesse ogni giorno nel motore di ricerca si arriva a una quantità inestimabile di emissioni. Questo dato, però, non può non tenere conto del fatto che, qualsiasi azione produce un impatto ambientale e che, a parità di attività, tutto quello che si svolge in maniera virtuale produce un inquinamento decisamente minore della stessa attività svolta nel mondo reale.
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Altra questione importante: i data center che, consumano quantità enormi di elettricità. Ridurre questi consumi è, quindi, una priorità sia dal punto di vista economico che ecologico. Proprio per questo motivo, Google, ha investito ben 915 milioni nel settore delle rinnovabili generando elettricità sufficiente a 350mila abitazioni ed è arrivata già al 30% di utilizzo di fonti rinnovabili per i suoi servizi.
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Inoltre, per porre sempre di più l’attenzione sul problema, l’azienda di Mountain View ha deciso, per la prima volta, di diffondere le immagini 3D delle sue enormi centrali di server. Obiettivo primario: abbassare la temperatura dei data center attraverso il ricorso, ad esempio, a sistemi basati sul contatto dell’aria calda con acqua che in parte evapora, viene recuperata e reimmessa nel circuito.