Sono statistiche drammatiche, indegne di un Paese civile, ma dovremmo tutti scolpirle nella testa e urlare di rabbia, per dire che la strage degli italiani morti sul lavoro almeno non passa sotto silenzio. I macabri numeri, accompagnati da un bollettino quotidiano di vittime di “incidenti”, specie nei cantieri del settore dell’edilizia, ci dicono che nel 2024 in Italia sono morte sul lavoro 1.189 persone, pari a 3,26 al giorno. E nel 2025 le cose sono peggiorate: soltanto nei primi cinque mesi dell’anno ci sono stati 386 morti sul lavoro, con un aumento del 4.8 per cento rispetto al 2024.
Le categorie più a rischio sono gli anziani, (over 65 anni), i giovanissimi (di età compresa tra i 15 ed i 24 anni) e gli immigrati. Cioè le persone più fragili in un mercato del lavoro, regolato, in quanto a sicurezza, da un’enciclopedia di norme. Ma chi le rispetta? Quanti sono quelli che le ignorano? E perché se la cavano sempre, mentre le persone muoiono al ritmo che abbiamo appena descritto, sommando un’enormità di vite sprecate, in un clima generale impregnato di impotenza e di indifferenza.
Le statistiche ci dicono anche un’altra cosa importante. A fronte di tante, indignate prese di posizione (anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha più volte denunciato lo scandalo dei morti sul lavoro), più o meno trasversali sul piano politico, è evidente che il sistema che dovrebbe garantire la sicurezza sul lavoro non funziona, e nessuno sembra intenzionato ad assumersi una seria responsabilità. Tutto ciò mentre il progresso della tecnologia, che avanza a ritmi forsennati, avrebbe dovuto garantire migliori condizioni di sicurezza per tutte e persone che lavorano. Invece, soltanto negli anni della pandemia i morti sul lavoro sono diminuiti, per poi tornare ad aumentare continuamente, anno dopo anno. Questo che cosa significa? Semplice: la strage è fuori controllo. E delle parole siamo tutti stufi.
Fonte immagine di copertina: Il Manifesto
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