Le Maldive non sono soltanto una delle mete privilegiate del turismo globale, talvolta invasivo e sprecone. Sono innanzitutto un meraviglioso e prezioso ecosistema formato da 1.192 isole coralline, delle quali 187 sono abitate da circa mezzo milioni di persone.
Oggi questo arcipelago è a rischio, e non si tratta del solito allarme catastrofista, oltre che per i danni ambientali che subisce praticamente ogni giorno, anche per il fatto che gli scienziati prevedono la totale inabitabilità delle Maldive entro il 2050. Per cause molto precise, rispetto alle quale c’è ancora il tempo (servono però anche la volontà e le risorse finanziarie) per evitare la catastrofe. Come dimostra anche un progetto di alta tecnologia, molto promettente, che potrebbe impedire la catastrofe.
Le principali cause, accertate sul piano scientifico, per la quale le Maldive rischiano di restare disabitate entro il 2050 sono:
Il riscaldamento globale causa lo scioglimento dei ghiacciai, e l’acqua che si accumula nell’Oceano Indiano minaccia di sommergere gli atolli delle Maldive L’80 per cento delle isole che formano l’arcipelago si trovano a meno di un metro sopra il livello del mare, rendendole estremamente vulnerabili.
Più l’acqua si alza, e più si accelera l’erosione delle coste. In questo modo le isole delle Maldive diventano meno stabili e quindi, di fatto, non più abitabili.
Le barriere coralline hanno una funzione fondamentale di protezione delle isole, ma sono in un continuo deterioramento, e scomparendo espongono gli atolli al rischio di essere travolti.
-
La diminuzione delle foreste delle mangrovie
Anche le mangrovie hanno una fondamentale funzione di protezione, e anche queste foreste si stanno riducendo per colpa dell’innalzamento del mare.
La gigantesca e devastante macchina del turismo alle Maldive, che porta su isole così fragili e compromesse ben due milioni di persone all’anno, è anche la causa di una produzione quotidiana e insostenibile di rifiuti di ogni tipo. E questo aggrava la situazione, come testimonia il caso più clamoroso: l’isola di Maafushi diventata ormai una gigantesca discarica a cielo aperto.
Il progetto per salvare le Maldive
L’unico progetto al momento in fase di sperimentazione che potrebbe garantire la sopravvivenza delle Maldive come isole abitate si chiama Growing Islands, ed è un piano al quale collabora anche Invena, una società di alta tecnologia con sede a Malé, la capitale delle Maldive. In pratica: un sistema costante di monitoraggio consente di individuare, in tempo reale, i punti di erosione delle isole, compresi quelli previsti per il futuro. E in queste aree si interviene per accumulare i banchi di sabbia, a prescindere dai venti e dalla direzione delle onde, spesso spazzati via dalle correnti anche in poche settimane, e quindi ricostruire le spiagge, elevare le coste, e proteggere la vivibilità delle isole delle Maldive.
Il progetto ha buone probabilità di successo, almeno sulla carta, anche se le incognite sono enormi, perché è sostenuto dal Mit (Massachusetts Institute of Technology), dalla National National Geographic society, dall’azienda ingegneristica Sanken dello Sri Lanka, e dagli stessi costruttori e gestori di resort che, se le Maldive dovessero diventare inabitabili, subirebbero anche loro i danni di una catastrofe prima umana e poi ambientale.
Leggi anche:
- Maldive a rischio per l’isola-spazzatura che cresce di un metro quadrato al giorno
- Great Pacific Garbage. Così la plastica distrugge l’ecosistema marino
- Plastica in mare: presto avremo più rifiuti che pesci
Vuoi conoscere una selezione delle nostre notizie?
- Iscriviti alla nostra Newsletter cliccando qui;
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite;
- Seguici su Facebook, Instagram e Pinterest.




