PLASTICA IN MARE
Nonostante le grida d’allarme manzoniane, nonostante i tanti proclami e le promesse di cartapesta di governi e amministrazioni pubbliche, la realtà è una sola: l’inquinamento della plastica sta aumentando. E non si fermano i tre fenomeni che ne sono alla base: crescita della produzione, bassa percentuale di riciclo, smaltimento scorretto.
Nel prossimo decennio, secondo le previsioni, la produzione della plastica è destinata a crescere del 40 per cento. Continua così un’avanzata iniziata con la scoperta del polimero per creare questa materia. La progressione è impressionante. Negli anni Cinquanta, quando la tecnologia non aveva ancora impresso un’accelerazione alla trasformazione del polimero, la produzione mondiale era di circa 2 milioni di tonnellate all’anno. Oggi siamo a 380 milioni di tonnellate, e le previsioni parlano di 25mila milioni di tonnellate prodotte entro il 2050.
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INQUINAMENTO PLASTICA MARE
Non c’è ancora un interesse condiviso, anche a livello sovranazionale, di contenere la produzione di plastica e riconvertire gli impianti e le tecniche dei grandi gruppi industriali che presidiano il settore. Nessuno si vuole sporcare le mani cercando di contrastare le pressioni delle multinazionali e delle società petrolifere, e diverse società che realizzano imballaggi di plastica inquinante sono pubbliche.
Quanto al riciclo, riusciamo a riciclare appena il 20 per cento di tutta la plastica immessa sul mercato. Poco più di nulla. Il resto finisce bruciato, e così contribuisce ad aumentare inquinamento atmosferico e surriscaldamento del pianeta. Oppure viene disperso in mille modi, distruggendo paesaggi, luoghi, flora e fauna.
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Il terzo anello di questa micidiale e autodistruttiva catena di errori siamo noi, con i nostri gesti quotidiani. Continuiamo a gettare rifiuti di plastica ovunque, specie a mare. Entro il 2050, quando ci sarà il picco della produzione di plastica nel mondo, avremo anche il sorpasso a mare, dove ci saranno più residui di plastica che pesci.
Da un’indagine sulle spiagge italiane, è emerso che ogni 100 metri di litorale ci sono 670 rifiuti, e questi l’84 per cento sono di tipo plastico. Incredibilmente, la concentrazione di plastica nelle nostre acque è, in proporzipne, superiore perfino a quella dell’Oceano Pacifico, dove galleggia indisturbata la Great Pacific Garbage Patch, la gigantesca isola fatta solo di rifiuti.
MARI INQUINATI PLASTICA
Che cosa possiamo fare per fermare la catastrofe? La prima cosa è non fidarci di promesse e proclami, ma piuttosto muoverci in prima persona e con azioni precise. La plastica va fermata a monte: nei consumi, negli acquisti e negli stili di vita. Evitiamola, dunque, ogni volta che sia possibile. E ricordiamo che non esistono oggetti di plastica a insostituibili. E’ solo un problema di cattive abitudini e di automatismi. Quando entriamo in un supermercato, per esempio, tra un prodotto confezionato nella plastica e un altro, della stessa specie, non confezionato oppure inserito in un contenitore che non sia plastica, scegliamo sempre e comunque il secondo.
In secondo luogo dobbiamo premere, a qualsiasi livello, per favore, con leggi semplice ma efficaci, le alternative alla plastica. Chi non la usa va premiato, chi invece non riesce a liberarsene deve pagare un extra in termini di tasse: un meccanismo semplice. Infine, diamo una mano anche a tutti coloro, associazioni e singoli cittadini, che lavorano con passione e generosità per fermare la plastica. Il tam tam, anche attraverso la piattaforma del web, farà crescere e moltiplicare queste iniziative. Ed è ciò che serve.
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