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I pescatori che puliranno i mari

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GIUSEPPE SALVAGGIULO
 
 

Rivoluzione copernicana a Slow Fish, manifestazione giunta alla quinta edizione che prende il via venerdì a Genova: quest’anno la «specie da salvare» è quella dei pescatori. Perché salvarli vuol dire salvare lavoro, ricchezza ma anche il mare, l’ambiente e la nostra salute.

I mari sono sempre più poveri e sporchi. L’80 per cento delle fonti di inquinamento è determinato da azioni compiute sulla terraferma, che incidono sulla sopravvivenza dei pesci e sul lavoro dei pescatori. Secondo uno studio di Slow Food, in media il 30 per cento di quanto viene tirato a bordo è costituito da rifiuti. Con un’aggravante: i rifiuti hanno tempi di decomposizione molto lunghi (un accendino fino a mille anni; una lattina 500 anni).

Il problema principale è costituito dalla plastica, che con il sole si rompe in pezzi piccolissimi. Questi frammenti vengono ingeriti da oltre 180 specie che li scambiano per plancton e, una volta entrati nella catena alimentare, finiscono nel nostro organismo. Il vortice di plastica accumulato nel Pacifico in mezzo secolo misura quanto l’Europa. In Italia la situazione più preoccupante è nella zona dell’isola d’Elba.

Che fare? La parola d’ordine che sarà lanciata da Genova è «multifunzionalità». E cioè trasformare i pescatori in sentinelle del mare, valorizzare il loro lavoro per la tutela degli ecosistemi. L’Unione Europea si sta muovendo in questo senso (Slow Fish ospiterà la commissaria Maria Damanaki). Qualche giorno fa è stato avviato un progetto pilota nel Mediterraneo: pescatori equipaggiati con speciali reti raccoglieranno rifiuti per destinarli al riciclo. I vantaggi sono diversi: pulire il mare; sostenere i redditi dei pescatori senza gravare sulle specie ittiche più esposte; promuovere la riduzione dei rifiuti.

Il ministro Saverio Romano ha annunciato progetti analoghi anche per l’Italia (sarebbe ora), dove il numero dei pescatori si è ridotto in pochi anni del 14 per cento: da 33 mila a 28.500 (fonte Centro studi Lega Pesca). Una crisi strutturale: la produttività è diminuita del 41 per cento, il fatturato del 25 per cento. Colpa anche dell’aumento del carburante, che costa tre volte di più.

Secondo gli esperti che hanno scelto questo tema per Slow Fish, l’unica salvezza è la coniugazione di pesca e tutela dell’ambiente. Anche per il turismo: quello legato alla pesca è in crescita del 3 per cento l’anno, nel 2010 ha toccato quota 200 mila presenze nonostante restrizioni burocratiche che andrebbero superate.
Un po’ netturbini, un po’ operatori turistici: cosa non si fa per restare pescatori…

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