Donne in Campo, l’associazione che lancia la filiera dei tessuti ricavati dagli scarti agricoli

La domanda di capi eco-friendly in Italia è cresciuta del 78 per cento. Foglie di carciofi, bucce di cipolle, scorze di melograno. Ma anche i residui degli ulivi

SCARTI AGRICOLI VESTITI

Foglie di carciofi. Bucce di cipolle. Scorze di melograno. Ma anche residui della potatura e della raccolta degli ulivi. La sostenibilità in agricoltura significa anche questo: non sprecare nulla di ciò che resta della produzione e riutilizzare questo materiale per realizzare  un’altra moda, 100% ecosostenibile.

DONNE IN CAMPO

A lanciare la sfida sono i membri dell’Associazione femminile della Cia (Confederazione italiana degli agricoltori), “Donne in Campo”, imprenditrici dell’agricoltura alle quali si deve il merito di aver creato una filiera del tessile tricolore, “Agritessuti”, basata su fibre vegetali e tinture green ricavate da prodotti e scarti agricoli. Il loro scopo: creare un connubio straordinario tra donne, moda e ambiente, valorizzando i metodi ecocompatibili di produzione agricola e, al tempo stesso, trasmettendo alle nuove generazioni i genuini valori della terra.

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TESSUTI SCARTI AGRICOLI

L’iniziativa prende le mosse dalla crescente domanda dei consumatori di capi sostenibili, cresciuta in Italia del 78% negli ultimi due anni, e accompagnata dalla maggiore disponibilità all’acquisto di prodotti  eco-friendly, in aumento del 55%. Soddisfare questa domanda è possibile. «È una filiera tutta da costruire – sottolinea la presidente nazionale di Donne in Campo-Cia Pina Terenzi – ma di cui abbiamo il know-how, considerato il rapporto, nella storia e ancora oggi, tra le donne e la tradizione tessile».

AGRITESSUTI

Secondo le stime della Cia (Confederazione italiana agricoltori), la produzione di lino, canapa e gelso da seta oggi coinvolge circa 2.000 aziende agricole in Italia, per un fatturato di quasi 30 milioni di euro (con le attività connesse). Cifra che potrebbe addirittura triplicare – osservano le Donne in Campo – se nel promettente mercato degli agritessuti venissero accolti i tremila produttori di piante officinali dalle proprietà tintorie, camomilla e lavanda su tutte, e le tinture provenienti dagli scarti dell’agricoltura, come le foglie dei carciofi, le scorze del melograno, le bucce della cipolla, i residui di potatura di olivi e ciliegi o i ricci del castagno.

SCARTI AGRICOLI VESTITI

Donne in Campo vuole anche rispondere alla domanda posta dalle Nazioni Unite con la pubblicazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Il Goal n°12 si rivolge a tutti noi, sollecitando la costruzione di nuovi modelli di produzione e consumo, che siano sostenibili in termini di benessere, inquinamento e riciclo delle risorse. C’è un dato che spesso si ignora: l’industria tessile è seconda solo a quella petrolifera per impatto ambientale, responsabile del 20% dello spreco globale di acqua e del 10% delle emissioni di anidride carbonica. In più, allo spreco di risorse prime, si aggiunge la contaminazione dei corsi d’acqua con pericolose sostanze chimiche derivate dai processi di sintesi di fibre e coloranti. Il business del tessile è perciò urgentemente chiamato a riformare se stesso, considerati anche i dati allarmanti che prevedono un consumo mondiale di indumenti destinato a crescere di oltre il 60% entro il 2030.

Essere Donne in campo, dunque, vuol dire amare la terra e l’Italia. Qui è nata un’agricoltura – la nostra – che è tradizione, bellezza, salute ed etica dei processi, ma anche ricerca e innovazione sostenibile.

Le foto sono tratte dalla pagina Facebook Donne In Campo – CIA.

Il progetto “Agricola Moderna” è candidato al Premio Non Sprecare 2020. Per candidare i vostri progetti, seguite le istruzioni fornite qui.

PREMIO NON SPRECARE 2020:

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