Fai un figlio e ti devi dimettere, così in Italia aiutano le mamme

Tutti parlano di aiuti alla famiglia e alle madri, ma poi si scopre che le dimissioni delle neomamme, nell’ultimo anno, sono aumentate del 25 per cento. Anche accompagnate dalle minacce, come nel caso di Chiara. Nella civilissima e ricca Lombardia
dimmissioni delle donne in italia

DISCRIMINAZIONE DELLE DONNE IN ITALIA

In un anno difficile per le famiglie italiane, costrette a tirare la cinghia, ben 37.611 lavoratrici hanno deciso di dimettersi. Il motivo? Hanno avuto la sciagurata idea di diventare mamme. Una storia che va avanti da anni, nel silenzio generale.

Chiara aveva deciso di avere un secondo figlio. Apriti cielo. Il suo datore di lavoro, attraverso un emissario come se fossimo nella Londra della rivoluzione industriale dei racconti di Dickens, l’ha affrontata con una minaccia da malvivente: «Non dovevi, adesso sul lavoro per te sarà un inferno. Meglio se ti dimetti…». Questa storia, badate bene, non è avvenuta in qualche zona grigia della Calabria dove nei luoghi di lavoro si incrociano ordini dei boss malavitosi e lavoratori sfruttati e in nero: no, siamo nella ricca e civilissima Lombardia. Epicentro della locomotiva industriale italiana. E la denuncia non è partita per via anonima o in qualche scantinato delle fake news: no, è stata pubblicata e verificata dal Corriere della Sera.

LEGGI ANCHE: Un mestiere impossibile in Italia? La mamma. Fa l’equilibrista, e se resta incinta perde il lavoro

DONNE COSTRETTE A LASCIARE IL LAVORO

Se fate qualche sondaggio tra persone che conoscete, se allungate l’occhio e l’orecchio nell’universo del lavoro femminile, non dovrete faticare più di tanto per scoprire la verità di uno spreco, umano e sociale, che dovrebbe farci arrossire tutti come italiani: i paletti per ostacolare il mestiere di mamma e di lavoratrice. È come se fossero incompatibili. E, a parte casi di autentica violenza come quello di Chiara, ci sono pochi, essenziali numeri che dicono tutto.

L’Ispettorato del Lavoro ha contabilizzato 49.451 dimissioni sul lavoro nel 2018, con un aumento del 24 per cento rispetto al 2017, di mamme o padri. I due terzi sono donne che hanno scelto di vivere la maternità e sono state di fatto costrette a rinunciare al lavoro. Se abbinate questo spreco scandaloso all’altro lato della medaglia, ovvero il calo demografico e la diminuzione delle nascite, farete un’altra scoperta interessante. O meglio, avvilente. Sempre nel 2018 sono nati in Italia 449mila nuovi bambini, questo significa che siamo arrivati a 11 dimissioni dal lavoro di genitori ogni 100 nascite

PER APPROFONDIRE: Cacciata dall’università perché si è permessa di allattare il bambino. Fare la mamma è diventato osceno?

MAMME COSTRETTE A LASCIARE IL LAVORO

Insomma: nonostante la valanga di promesse, di annunci e di dichiarazioni da anime belle, che arrivano dalle catacombe della politica fuori giri e sempre più distaccata dalla società, alle donne che lavorano, in Italia, non è consentito fare figli. E questo spiega, meglio di qualsiasi indagine sociologica, il motivo per il quale 5,5 milioni di donne italiane (il dato è dell’Istat), tra i 18 e i 49 anni, non diventano madri. Non possono permetterselo.

Nel frattempo ci sono sempre più donne che reggono la baracca: in 1 milione di famiglie italiane, anche per effetto della Grande Crisi, lavorano soltanto le donne; le stesse che poi, in casa, si fanno carico del peso quasi integrale del lavoro domestico e della cura dei figli (72 per cento rispetto a un misero 28 per cento di maschietti pronti a collaborare) e le stesse che ingoiano, sempre sul lavoro, stipendi più bassi rispetto agli uomini, circa il 30 per cento. Una somma di sprechi.

DISCRIMINAZIONE DONNE SUL LAVORO

In Italia i nanetti della nostra politica non fanno altro che promettere tutto ciò che serve davvero alle donne per conciliare lavoro, casa e famiglia: dagli asili agli aiuti a domicilio alle persone anziane (anche questo è un lavoro monopolizzato dalle donne), dai bonus per la maternità al congedo parentale per i padri. Ma nei fatti, e qui parla sempre l’Inps, l’orrenda discriminazione, spreco assoluto per il sistema Paese, non fa altro che peggiorare. Come denuncia Save the Children , rispetto agli 11 indicatori attraverso i quali si misura il grado di aiuto concreto alle donne in un paese, l’Italia arretra dappertutto.

Non vogliamo donne che lavorano e fanno le madri. Non vogliamo donne che contano, altro spreco. L’Italia è al posto numero 57 nella classifica mondiale per numero di donne presenti in Parlamento. Certo, la classifica è guidata dal Rwanda (56 per cento), ma nei primi posti ci sono anche paesi europei, il solito Nord Europa, con Svezia, Norvegia e Finlandia dove le donne parlamentari rappresentano circa il 45 per cento del totale.

PER SAPERNE DI PIÙ: Congedo parentale, in Italia lo hanno scelto 250mila papà. Ma le mamme sono state 2 milioni

DIMISSIONI DELLE DONNE IN ITALIA

In realtà, nella Bella Italia, la beffa delle donne che continuano ad essere discriminate, un aggettivo forte ma giusto, non è un’esclusiva del girone della politica, della solita casta che vuole declinare il suo potere prevalentemente al maschile. La Banca d’Italia, per esempio, ha certificato che nonostante le nuove norme sulle quote di genere, approvate già nel maggio del 2012, nelle imprese italiane con oltre 10 milioni di euro di fatturato le donne presenti nei consigli di amministrazione rappresentano appena il 14,5 per cento del totale. Erano il 13,7 per cento nel 2008: dunque il progresso è pari quasi a zero. Al contrario, quando bisogna sostituire un consigliere di amministrazione di sesso femminile, nell’85 per cento dei casi a una donna subentra un uomo.

DISCRIMINAZIONE DELLE DONNE

Stessa, e ancora più stonata, musica, nei piani alti della pubblica amministrazione, nelle grandi istituzioni dello Stato, nelle sfere del potere accademico e scientifico. Pensate che solo 2 rettori su 83 sono donne, e su 18mila docenti appena 2.800, il 15,9 per cento, sono di sesso femminile. E mentre la maggioranza degli studenti laureati in materie scientifiche sono donne, neanche una, dico una, è riuscita ancora a diventare presidente di un grande ente di ricerca. All’università, con lo status di studente, le donne sono molto brave e si vedono in prima fila, ma appena si parla di carriera e di potere, scompaiono.

DISCRIMINAZIONE DELLE DONNE OGGI

La Banca d’Italia ha anche documentato che se solo riuscissimo a portare la quota del lavoro femminile al 60 per cento, come fissato dagli accordi europei di Lisbona, il nostro pil farebbe un balzo in avanti del 7 per cento. Non avremmo bisogno di nulla per trovare i soldi per fare gli investimenti, rimettere in moto l’economia e ridurre le tasse. Con le donne al lavoro, come nel resto d’Europa, saremmo già fuori dal tunnel.  E invece alle donne che fanno figli, consegniamo un magnifico regalo: una lettera di dimissioni dal lavoro.

COME AIUTARE DAVVERO LE MADRI CHE LAVORANO:

Torna in alto