Cultura umanistica, l’errore di sprecarla. E cancellarla dagli studi, con danni enormi

La cultura umanistica è indispensabile per governare la complessità. Discernere nel caos del quotidiano. E avere una bussola con radici e valori

cultura umanistica

Il buco della cultura umanistica si fa sempre più sentire. Nella formazione delle ultime generazioni, incantati dall’ebbrezza delle competenze tecnico-scientifiche, abbiamo archiviato quella cultura che più ci appartiene come radici e come identità.

CULTURA UMANISTICA

Si parte, infatti, dalla cultura greca, che ha contaminato la cultura cristiana (alcuni concetti di Platone e Aristotele si ritrovano nei Vangeli), e quella latina, fino alla straordinaria stagione dell’umanesimo. Quando, siamo alla fine del Quattrocento, il patrimonio della classicità greco-romano, sepolto nelle biblioteche dei monasteri, divenne la bussola del pensiero e della cultura dell’uomo contemporaneo. Da qui il Rinascimento.

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IMPORTANZA DELLA CULTURA UMANISTICA

Da allora la cultura umanistica è sempre stata al centro degli studi. Ha fatto parte integrante di intere generazioni di classi dirigenti. Arrivavano dal Nord Europa, nel Settecento e nell’Ottocento, e si immergevano attraverso il Gran Tour in ciò che era stato creato grazie alla bussola dell’umanesimo. È stata la cultura umanistica a dare il lievito alla Rivoluzione francese, all’introduzione della democrazia come forma di governo condivisa dai popoli, ai grandi cambiamenti nella società, alla letteratura del Grande Romanzo.

A COSA SERVE LA CULTURA UMANISTICA

Poi qualcosa si è rotto. L’egemonia culturale si è spostata dal Vecchio Continente all’America, da Roma e Parigi a New York, e il pragmatismo anglosassone ha messo al centro della formazione altri punti cardinali. La tecnica, la scienza, la tecnologia. Il risultato di questo spreco lo abbiamo sotto gli occhi: classi dirigenti, in politica innanzitutto ma non solo, più fragili, meno competenti e attrezzate. Poco autorevoli, nelle quali facciamo fatica a riconoscerci ed a sentirci rassicurati. La formazione è diventata liquida, nel segno dei tempi che viviamo. E tutta orientata al presentismo, all’ora e subito, senza la necessaria profondità del tempo lineare che mette insieme passato (memoria), presente (emergenza compresa), futuro (sogno e orizzonte).

Il tempo è diventato sinonimo di fretta, parola che nella cultura umanistica deriva dal latino fregare, e questo dice tutto. E al centro della formazione si è piazzata la cultura digitale, con il risultato che molti studenti si rifiutano di leggere i classici dell’Ottocento e del Novecento in quanto non hanno la pazienza, e la voglia, di affrontare testi lunghi. E non hanno la curiosità di cogliere la complessità, anche solo in un racconto.

UTILITÀ DELLA CULTURA UMANISTICA

Eppure chi insegna, dalla scuola all’università, dovrebbe sapere che già diversi anni fa si pose il tema dell’utilità o meno della cultura umanistica. Da una fonte a prova di qualsiasi verifica scientifica arrivò una risposta chiara e forte: non solo serve, ma è indispensabile. E la fonte era l’università di Harvard, una delle migliori del mondo, dove le conoscenze umanistiche non sono considerate in via di liquidazione per dare spazio all’onnipresente tecnologia.

E qui torniamo allo spreco. Perché la cultura umanistica non è un optional, ma è indispensabile proprio nel periodo storico che stiamo attraversando? Ci sono diverse risposte a questa domanda, vediamo le più importanti. È la cultura classica che, a differenza di qualsiasi competenza tecnica e scientifica, insegna a non ridurre la complessità. Ma semmai ad affrontarla con metodo e con rigore. La tecnologia, per sua natura, tende a semplificare (pensate al linguaggio del computer e dei social), ma la realtà va in direzione opposta. Mette in campo il fattore complessità, ogni giorno, che bisogna governare, facendo riferimento ai valori eterni del pensiero classico e allo sguardo lungo di un orizzonte proiettato verso il futuro.

Se andate a guardare da vicino i punti cardinali del pensiero umano, li ritrovate tutti, uno per uno, nella cultura umanistica. Come è possibile prescinderne? Se il capitalismo è in crisi, se il clima è diventato un’emergenza autodistruttiva, non dovremmo forse partire da qui valori (dall’uguaglianza al rispetto della natura) che fanno parte integrante della cassetta degli attrezzi della formazione umanistica?

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VANTAGGI DI UNA FORMAZIONE UMANISTICA

Quanto alla competenza, sicuramente la tecnica è necessaria e non a caso nelle grandi scuole internazionali di Scienze politiche viene richiesta una buona preparazione in matematica. Ma i numeri da soli non bastano a realizzare la fatica del discernimento nel caos della quotidianità, della distinzione tra ciò che è necessario e ciò che risulta spreco, dell’utile e dell’inutile. Del bene e del male. Lontani da qualsiasi forma di relativismo.

Governo della complessità, valori e punti cardinali, capacità di discernimento: sono tre cose essenziali che da sole, ma ne potremmo aggiungere ancora tante altre, giustificano la necessità di non sprecare la cultura umanistica. E di tornare a valorizzarla. In tutto il ciclo di formazione e di studi.

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