Cucine Popolari, quattro mense per portare cibo e accoglienza nei quartieri di Bologna

Durante l'emergenza sanitaria sono passate da 250 pasti al giorno a 500, e sono riuscite a far fronte alla distribuzione da asporto grazie ai giovani volontari che hanno risposto al richiamo della solidarietà. A Natale, Gianni Morandi era cameriere di eccezione

cucine popolari bologna

Una rete di mense con i fornelli sempre accesi, in pochi anni diventate un punto di riferimento per la città di Bologna e per i suoi ultimi, e per tutti coloro ai quali la vita sta chiedendo un conto troppo salato.Non ci sono né conti né scontrini alle Cucine Popolari, ma un pasto al giorno per tre volte alla settimana a chiunque sia in difficoltà: uomini, donne, mamme single, famiglie, migranti, che in mensa non trovano solo cibo ma anche accoglienza e attenzione.

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CUCINE POPOLARI BOLOGNA

Quattro mense per un totale di 200 volontari e 250 pasti al giorno di media, piatto più, piatto meno, caratterizzate da una missione: portare cibo in ogni quartiere della città. La prima sede, storica, , inaugurata Il 21 luglio 2015 in via del Battiferro, poi sono arrivate quelle in via Sacco e via Ludovico Berti. L’ultima, in ordine di tempo, è quella che si è sistemata nell’ex circolo Arci di Villa Paradiso, al Savena, al confine con il paesino di San Lazzaro.

L’immobile è di proprietà del Comune di Bologna, che ha preso in carico la ristrutturazione e l’installazione della cucina. Il concetto alla base, nella visione dell’ideatore delle Cucine Popolari, Roberto Morgantini, una vita spesa tra sindacato e migranti, è quello di portare accoglienza e tortellini il più vicino possibile a chi ne ha bisogno, per stringere legami con la comunità territoriale di appartenenza ed evitare che chi ha fame vaghi per la città in cerca di aiuto. 43mila pasti l’anno messi in preventivo, e tante persone accolte quotidianamente, senza guardare alla provenienza o al colore della pelle, chiamandosi tutti per nome e cercando di sconfiggere la solitudine trovando ristoro e sollievo davanti a un piatto di tagliatelle. Alcuni degli habitué sono segnalati dai servizi sociali del Comune o dalla parrocchia di ogni quartiere, ma altri ci arrivano per il passaparola o per trovare compagnia. Come Giancarlo, che ha 74 anni, è bolognese doc e ha lavorato per le strade della sua bologna rifacendo la segnaletica stradale. Con la sua pensione, da quando è da solo, purtroppo non arriva a fine mese. in realtà, però, come racconta in un’intervista al Corriere di Bologna, arriva in via del Battiferro tutti i martedì, i mercoledì e i giovedì, non solo per il cibo, ma per la compagnia.: «È bellissimo – racconta – qui mangio e faccio amicizia. Mi sento meno solo». Non è solo la fame, a bussare alle porte, ma anche la solitudine. e le cucine popolari decidono di accendere i fornelli e mettere a disposizione tavoli e sedie per chiunque. D’altronde, di storie come quelle di Giancarlo ce ne sono tante, troppe. I legami che si stringono in mensa sono paragonabili ai legami familiari, come conferma Tehreem, figlia maggiore dei cinque di una famiglia che arriva dal Pakistan. occupano un tavolo con sette coperti e frequentano la mensa chiamando i volontari e i presenti per nome. «Grazie a questa mensa – racconta nella stessa intervista– abbiamo un pranzo, e ci danno qualcosa per la cena. Stiamo aspettando le graduatorie di settembre per l’assegnazione di una casa popolare, nel frattempo veniamo qui, c’è davvero una bella atmosfera».

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BOLOGNA SOCIAL FOOD

I fornelli, alle Cucine Popolari, non hanno riposo: le cucine ormai sono aperte 5 giorni su 7, la domanda di cibo continua a crescere come la necessità di volontari, situazione ovviamente acuita dalla crisi sanitaria che stiamo attraversando, e dalla conseguente emergenza economica. Il lockdown è stato particolarmente duro: mascherina, guanti, distanziamento fisico, pranzo in asporto, boom improvviso dii richieste di sostegno. Così come in estate: agosto è stato un mese molto caldo, non solo per quanto riguarda il termometro. La seconda fase, durissima, è stata affrontata anche e soprattutto grazie ai giovani volontari arrivati in pieno lockdown nazionale a supportare il lavoro delle mense, passate da 250 a circa 500 pasti al giorno. Volontari rigorosamente under 65 per non mettere a rischio contagio le fasce target del Covid-19. E, se questo periodo è duro per tutti e tutte, per alcuni lo è di più: alle cucine popolari si rivolgono coloro che con un termine statistico e cinico vengono definiti “nuovi poveri”, persone che a causa del coronavirus hanno perso il lavoro. Precari, lavoratori a nero, collaboratori mai stabilizzati. In un’intervista a Bologna Today, il fondatore, Roberto Morgantini, racconta come la crisi ha cambiato le cose, ridefinendo anche i concetti di solidarietà: «Sono cambiate un po’ di cose – afferma – ma dobbiamo resistere perché è aumentato il bisogno. Per molti, dopo la prima ondata, è scattato anche il meccanismo dell’essere più solidali come l’azienda Ambienta che ci ha donato la sanificazione una volta a settimana. Un aiuto concreto perché qui è tutto basato sul volontariato e abbiamo delle spese pazzesche. Abbiamo qualche difficoltà economica ma speriamo che come sempre la solidarietà di tutti ci aiuti a superare questa fase».

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Immagine tratta dal sito internet delle Cucine Popolari // Photocredits: Cucine Popolari

Il progetto alla base delle Cucine Popolari, infatti, Il Bologna Social Food, basa tutto, o quasi, il suo operato, su una collaborazione stretta tra associazioni e istituzioni, soggetti diversi dal terzo settore, e soprattutto tutti i cittadini di Bologna, e non,  con il proprio tempo e le proprie risorse: un meccanismo articolato di raccolta alimentare tramite una rete di aziende, supermercati, mercati,  Banco Alimentare e di interlocuzione continua tra quartieri, parrocchie e Comune, con appositi momenti e progetti di fundraising e di convivialità. Come il pranzo di Natale, quest’anno da asporto, al quale ha preso parte, in veste di cameriere inedito, anche Gianni Morandi. Per fare una donazione alle Cucine Popolari: Associazione Civibo, Iban: IT39 C070 7202 4080 3100 0182 464.

(Immagine in evidenza tratta dal portale Il Giornale del Cibo //Photocredits: Il Giornale del Cibo)

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