Giada, una solare ragazza di 25 anni che inventa una laurea e si uccide. Ha pesato l’ansia della competizione?

Nessuno può provare a mettersi nella testa di una ragazza che per anni costruisce e interpreta una finta vita di studi. Fino a suicidarsi nel giorno della verità. Ma questa idea così competitiva dello studio fa riflettere….

COME SUPERARE ANSIA DA ESAMI

Nessuno di noi può minimamente provare a mettersi nella testa di Giada. Una ragazza di 25 anni, semplice e sorridente, ottimista e positiva, che si lancia dal terrazzo della facoltà di Scienze naturali a Monte Sant’Angelo, a Napoli, dopo avere fatto un’ultima telefonata al fidanzato.

Giada De Filippo, originaria della provincia di Isernia, aveva costruito una vera doppia vita, fatta di un lungo e lucido ricamo di bugie. Si era iscritta alla Facoltà di Farmacia, così sapeva il padre, maresciallo dei Carabinieri, ma in quattro anni, questa è invece la verità, non aveva mai fatto un esame. Zero. Nel frattempo si è fidanzata e ha perfino iniziato a parlare di matrimonio con il suo compagno, anche lui all’oscuro della verità.

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ANSIA DA COMPETIZIONE

La narrazione è andata avanti per anni, fino all’ultimo atto. Giada ha invitato tutti alla cittadella universitaria di Monte Sant’Angelo per festeggiare la sua laurea: i familiari, i parenti più stretti, il fidanzato, gli amici. Si è presentata elegante e sorridente, in tailleur e con i capelli messi a punto dal parrucchiere il giorno precedente.

Ogni cosa è stata scelta con la massima, gioiosa attenzione, compreso il ristorante per festeggiare e le bomboniere da distribuire agli invitati per ricordare un giorno davvero particolare. Tutta una recita. Mentre verissimo è stato il gesto finale, il suicidio senza lasciare alcuna traccia della sua terribile decisione.

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PAURA DEL GIUDIZIO DEGLI ALTRI

Ho aspettato qualche ora prima di scrivere che cosa mi è passato per la testa dopo la morte assurda di questa ragazza, dopo un film dell’orrore sceneggiato, girato e interpretato con tanto mestiere. Ho aspettato di capire meglio, sperando che arrivasse una notizia, uno spiraglio per fare luce su una vita sprecata in modo così inspiegabile. E invece nulla. Ho letto solo qualche commento e alcune dichiarazioni, piuttosto surreali, sulla solitudine e i silenzi dei giovani, sulla necessità di aprirsi e di dialogare, come se Giada fosse morta in quanto ragazza incompresa.

Invece la frase del commento di un professore di Filosofia del diritto, Guido Saraceni, pubblicata sul Corriere della Sera mi ha colpito per l’efficacia della sua sintesi: «Liberiamo i ragazzi una volta per tutte dall’ossessione della prestazione perfetta, della competizione infinita, della vittoria a ogni costo…».

OSSESSIONE DELLA VITTORIA AD OGNI COSTO

Ripeto: nessuna interpretazione può chiarire le motivazioni di Giada, ma almeno il sacrificio di questa vita che si è spenta in modo così inspiegabile, ci può indurre a una riflessione su questa dilagante «ansia da prestazione» che può mandare in tilt l’equilibrio di un ragazzo. Non facciamo altro che ripetere quanto sia duro e competitivo l’accesso al mondo del lavoro (ma è mai stato semplice?), quanto bisogna essere preparati per farcela, quanto bisogna alzare sempre l’asticella delle proprie performance. Ma l’università, gli studi in generale, non sono e non possono essere un’eterna gara contro qualcuno, una corsa infinita, a ostacoli ricorrenti, verso l’approdo del lavoro, che poi spalanca le porte ad altre competizioni, ad altre «ansie da prestazione».  Nella vita reale c’è e ci deve essere altro. Le passioni, le vocazioni, gli errori, le cadute e i tentativi di rialzarsi, l’amore per la propria libertà: qui c’è la vita vera, ben diversa dalla fuga in una tragica messinscena esistenziale.

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