
Entri in un negozio e la commessa, che non abbiamo mai visto nella nostra vita, ci accoglie con domande dirette e precedute da un secco tu. Come se fossimo fratelli, o amici di vecchia data. Stessa scena al bar. O in strada quando ci viene chiesta un’informazione: il tu, in questo caso non viene neanche preceduto da un rituale «per favore» o «mi scusi». Tutto diretto, tutto immediato.
Indice degli argomenti
ABUSO DEL TU
DARE DEL TU
Non facciamo i nostalgici. E accettiamo di buon grado alcuni cambiamenti, anche nel linguaggio corrente: non serve a nulla rimpiangere l’epoca nella quale i figli davano del voi, un rispettoso voi, perfino ai genitori. Il mondo è andato avanti ed è bene che sia così. Ma c’è un limite, invalicabile, da non attraversare, ovvero il sovvertire ciò che appartiene di diritto a un eterno galateo e anche a una componente fondamentale dell’educazione, individuale (si chiamano buone maniere) e collettiva (si definisce “civica”). Come ci si rivolge al prossimo.
Capita sempre più spesso: conosciamo una persona e dopo pochi minuti, zac, inizia a darci del tu. Come se appartenessimo a una delle tre categorie alle quali questo pronome così informale viene riservato per consuetudine e per galateo: familiari, amici, colleghi stretti di lavoro. Allo stesso tempo, e con un percorso inverso, il lei, generalmente destinato ai rapporti più formali, sta diventando sempre più sporadico, mentre il voi, che pure aveva una sua musicalità e una sua interpretazione non solo lessicale (il grande rispetto per l’altro), è praticamente scomparso.
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IMPORTANZA DI DARE DEL LEI
Questo gioco dell’oca con i pronomi più usati nel corso della nostra vita quotidiana, altro non è che un ennesimo segno di un imbarbarimento della lingua parlata, del quale abbiamo ragionato in altre occasioni. L’italiano sin sta sempre più eclissando, e questa stretta e inconsueta familiarità di rapporti, subito regolati dal tu, ne tracciano inesorabilmente il declino.
Il lei innanzitutto è un gesto di pudore e di rispetto per l’altra persona. È un modo delicato non per marcare le distanze, ma semmai per rafforzare un legame appena costituito. La forzatura del passaggio immediato al tu fa evaporare questa chimica delle relazioni umane e riduce tutto a un’indistinta marmellata di rapporti. Dove non esiste più alcuna gerarchia di affetti, di amori, di considerazioni.
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DARE DEL TU MALEDUCAZIONE
Il lei non esclude la stima per l’altro, e tantomeno sentimenti più intensi. Ho un carissimo amico, uno dei più cari della mia vita, al quale sono legato da circa trent’anni, e con il quale ci rivolgiamo, reciprocamente, ancora dandoci del lei. È un nostro codice di affetto, un segno unico e distintivo del legame speciale che ci unisce. Un modo per rimarcare la sua unicità.
La deriva del tu, ovviamente, è stata forzata anche dall’invasione tecnologica e dall’aumento esplosivo di quelle comunicazioni sul web, dalla mail al messaggio elettronico, che iniziano di solito con un generico ‘Ciao’. Un modo anche piuttosto rozzo di salutarsi e di introdursi tra Io-utenti più che tra persone: come il tu a raffica, che ci rende tutti più uguali, ma anche tutti più separati.
Umberto Eco, che di lingua scritta e parlata se ne intendeva, a proposito dell’esagerato e sprecone uso del tu, lo definiva come «una finta familiarità che si trasforma in un insulto». Ecco, chi esagera con il tu sta travalicando un confine del linguaggio ed è entrato nel territorio degli insulti. Garbati, ma sempre insulti.
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