Scuola: senza valutazione vincono solo gli asini

I docenti più bravi vanno riconosciuti e premiati: lo meritano. Il caso di Londra, dove grazie alla valutazione tutte le scuole sono migliorate.

VALUTAZIONE SCUOLE –

Lo scontro sulla scuola, nelle piazze e in Parlamento, ha un obiettivo preciso: mandare a monte la valutazione, ovvero una parte essenziale della riforma proposta dal governo Renzi. Non a caso, non è solo per una casualità che le date degli scioperi proclamati dai sindacati, questa volta tutti uniti, coincidano con le prove dell’Invalsi già fissate da alcuni mesi. E senza la valutazione, sollecitata dall’Unione europea e dall’Ocse, la scuola italiana non sarà mai “buona”, non farà mai un decisivo passo avanti nell’interesse delle famiglie e degli alunni e non delle solite corporazioni che blindano l’attuale sistema.

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VALUTAZIONE DI SCUOLE E INSEGNANTI –

La valutazione degli istituti e degli insegnanti, infatti, è l’unico meccanismo che consente di smascherare un dato di fatto: la nostra scuola non è uguale dappertutto e la sua qualità è a macchia di leopardo (con il Sud particolarmente penalizzato), disomogenea per singole strutture e perfino per singole sezioni e classi. Chi dispone di queste informazioni, la classe dirigente del Paese, gode del privilegio di scegliere e può piazzare i propri figli nelle scuole giuste attraverso le solite relazioni; chi invece non conosce la realtà è costretto a subire la legge del lotto, ti può andare bene o malissimo. E questa è la vera scuola di classe italiana, altro che “diritto allo studio garantito per tutti”.

In secondo luogo, solo con i giudizi di esaminatori esterni, accompagnati nel loro lavoro dai dirigenti degli istituti che godono di piena autonomia, si potrà valorizzare il merito. E riconoscere, come è giusto che sia, aumenti di stipendio e di carriera agli insegnanti più meritevoli, quelli che fanno con rigore e con ottimi risultati il loro lavoro. Altrimenti, si continuerà a garantire uno scandaloso appiattiamento, verso il basso, delle retribuzioni, che servirà al sindacato per mantenere il controllo della situazione e il relativo potere all’interno del sistema scolastico. La “buona” scuola non può crescere sulla luna, deve essere in grado di premiare chi è bravo.

VALUTAZIONE DOCENTI –

Infine, la valutazione non è un esame per fare le pulci alle capacità didattiche degli insegnanti e per rinchiudere in una sorta di girone infernale quelli che sono sotto la media o, peggio, presentano livelli di rendimento molto distanti dai loro colleghi. Non bisogna guardarla con una logica punitiva. Al contrario, grazie ai test ed a una misurazione del lavoro sul campo, sarà possibile cogliere i motivi dei ritardi, che magari non sono sempre riconducibili alle minoranze di docenti scansafatiche, e accompagnare le scuole peggiori verso la sponda di quelle migliori. Per allineare la qualità complessiva verso l’alto, non verso il basso.

STANDARD EDUCATIVI SCUOLE LONDRA –

Questo modello è ormai il più consolidato all’interno dei paesi dell’Unione europea, anche dove il sindacato è molto forte come in Francia e in Inghilterra, e nessuno, tranne l’Italia, pensa di prescinderne. Agli inizi del nuovo millennio le scuole di Londra erano considerate tra le peggiori del Regno Unito: appena nove istituti della capitale erano giudicati “buoni” dall’Agenzia governativa per gli standard educativi, e solo il 32 per cento degli studenti di Londra aveva superato la soglia minima delle valutazioni misurate attraverso il General certificate of secondary education (Gese). Un disastro. A danno in particolare delle classe sociali più deboli, che non erano in condizione di cambiare istituto mettendo nel conto un aumento delle rette. A quel punto il governo nazionale e l’amministrazione municipale della metropoli britannica, entrambi di centrosinistra, sono intervenuti con esami a tappeto nelle scuole, sia dei docenti sia dei livelli di apprendimento degli alunni, e con una serie di cambiamenti organizzativi anche nei piani di studio. Le scuole peggiori, una volta individuate anche a breve distanza dalle rare eccellenze, sono state poi affidate a un tutor, con il preciso obiettivo di allineare, istituto per istituto, i risultati, portandoli a un livello omogeneo sul territorio comunale. Così in pochi anni, e senza andare ad annunciare ogni mese una “rivoluzione” della cuola, il quadro si è rovesciato: oggi l’Agenzia governativa per gli standard educativi ha preso atto del fatto che a Londra sono concentrate le migliori scuole del Paese, e la percentuale degli studenti che ha superato il  Gese con alte valutazioni è schizzata all’83 per cento, rispetto a una media nazionale del 59,2 per cento. Vedremo mai qualcosa del genere in Italia? Auguriamoci di scartare la risposta peggiore, “no, mai”, e restiamo in fiduciosa attesa del miracolo.

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