«Lo Stato siamo noi». È questa la scritta che accoglie i visitatori della cooperativa Pietra di scarto a Cerignola, in provincia di Foggia, dove i terreni sequestrati al boss Rosario Giordano producono olio d’oliva e pomodori, e danno lavoro a un gruppo di giovani agricoltori.
Indice degli argomenti
BENI CONFISCATI ALLE MAFIE
La storia di Cerignola, purtroppo, per quanto non unica, non bilancia l’enorme spreco dei beni sequestrati ai clan della criminalità organizzata. Abbiamo una buona legge sulla materia (risale al 1996), migliaia di sequestri che vanno avanti, un’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), istituita nel 2010, ma poi tutto si impantana nel buio della burocrazia e della mancanza di mezzi reali. Per non parlare della corruzione.
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PATRIMONIO CONFISCATO ALLE MAFIE
Il primo problema è la durata dell’iter per arrivare alla consegna di un bene sequestrato e al suo riutilizzo. Anni. Dai tre ai cinque, almeno. Nel frattempo gli immobili e le aziende si impoveriscono, perdono valore, e si trasformano in scatole vuote, totalmente sprecate. Poi c’è il tema delle risorse: né le associazioni di volontariato né i comuni (specie quelli piccoli) hanno le risorse finanziarie e le competenze in termini di personale per gestire in modo efficiente i beni sequestrati. E la vendita, secondo la legge, è consentita soltanto come ultima ratio, quando però il bene sequestrato ha perso qualsiasi importanza per potenziali acquirenti.
BENI SEQUESTRATI ALLE MAFIE
Interi palazzi, condomini, ville, villette, case e appartamenti. Luoghi con i quali si potrebbe, in tempi rapidi e con trasparenza, dare un alloggio dignitoso non solo a tanti profughi che occupano immobili abusivi, ma anche a tanti senzatetto o famiglie in estrema povertà. Parliamo anche, oltre agli immobili, di aziende, confiscate e gestite attraverso la consorteria degli incarichi commissariali, senza mai riuscire a rimetterle in campo in modo efficace e produttivo, magari dando lavoro a tanti giovani disoccupati. Aziende e gestioni di imprese confiscate che sono finite perfino nel mirino delle indagini della procura della Repubblica, con l’effetto davvero diabolico e scoraggiante (altro spreco civile) di un’illegalità che invece di diventare legale, genera altri reati, altri misfatti, altri imbrogli.
BENI CONFISCATI ALLA CRIMINALITÀ
È stato lo stesso prefetto Bruno Corda, direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, a dare il quadro, davvero sconfortante, della situazione: le aziende confiscate, e gestite da commissari nominati di volta in volta da organi statali, finiscono quasi sempre in liquidazione. Stessa cosa per gli immobili che vengono abbandonati. E quindi lo Stato alla fine timbra un doppio spreco. Spende risorse e uomini per gestire i beni sequestrati e invece di renderli utili per la collettività li trascina verso un binario morto.
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SPRECO BENI CONFISCATI ALLE MAFIE
E parliamo di denaro contante, un tesoretto di oltre 3 miliardi di euro, sequestrato sempre ai clan dei mafiosi, dei camorristi e degli iscritti alla יndrangheta: soldi che marciscono nelle casse ministeriali e in qualche meandro della nostra burocrazia degli apparati pubblici, dove accanto a tante persone perbene che lavorano con senso del “bene comune” e con passione, ci sono piccoli e potenti clan che dell’immobilismo hanno fatto la loro fortuna. Per fare soldi e carriera, sempre e solo sotto il segno dello spreco di Stato.
COME USARE I BENI SEQUESTRATI ALLA MAFIA
Un bene sequestrato è una vittoria per lo Stato. Un bene sequestrato e non utilizzato, oltre che uno spreco, è una sconfitta per lo Stato. Non si può lasciare questo patrimonio in balìa di singoli magistrati e bisogna dare mezzi, strumenti e risorse all’Agenzia, probabilmente trasformandola in un Ente pubblico economico.
L’Agenzia dovrà essere attrezzata con il necessario personale di addetti alla finanza, alle gestioni aziendali e immobiliari: persone capaci di valorizzare i beni sequestrati prima di darli in gestione. Le risorse per questa operazione possono essere trovate all’interno dei fondi del Recovery Plan, e il governo Conte II aveva previsto uno stanziamento di 300 milioni per valorizzare il beni confiscati. Una spesa generica quanto inutile.
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