REFERENDUM ATAC
Anche se in pochi lo sanno, domenica 11 novembre i romani sono chiamati a votare per un referendum che potrebbe decidere le sorti di Atac, l’azienda municipalizzata che gestisce la mobilità nella Capitale. La consultazione, che prevedrà due quesiti, chiederà ai cittadini di esprimersi in merito alla messa a gara del trasporto pubblico locale. Una competizione che potrebbe aggiudicarsi anche la stessa Atac, purché, una volta risanata, fosse in grado di garantire il servizio migliore.
Si tratta di un referendum consultivo, ossia l’amministrazione capitolina non sarà obbligata a seguire le indicazioni dei cittadini, anche se il risultato dal punto di vista politico non potrà essere ignorato. Soprattutto da una giunta come quella del Movimento 5 Stelle, guidata da Virginia Raggi, che da sempre è una convinta sostenitrice della ‘democrazia diretta’.
Si potrà votare domenica 11 novembre dalle 8 alle 20 negli stessi seggi elettorali dove si svolgono di solito le elezioni. E per farlo sarà necessario mostrare un documento d’identità e la tessera elettorale. Per esercitare la propria preferenza bisognerà mettere una croce sul ‘sì’ o sul ‘no’ su due diverse schede.
Per questo referendum, dopo numerose polemiche, il quorum (ossia la percentuale oltre la quale la consultazione è considerata valida) è stato fissato a un terzo degli aventi diritto, cioè al 33%. Per questa ragione, a prescindere da come la si pensi, è importante esercitare il proprio diritto di voto.
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ATAC UN’AZIENDA IN CRISI
Come abbiamo raccontato più volte su questo sito, Atac è un’azienda in profonda crisi che al momento non è in grado di garantire un servizio decente alla città. L’offerta che oggi riesce a fornire l’Azienda per i Trasporti Autoferrotranviari del Comune, ovvero la somma di tutte le percorrenze di tutti gli autobus in un anno, è di 84 milioni di chilometri. Una cifra decisamente più bassa rispetto ai 101 milioni che prevedrebbe il contratto di servizio firmato con il comune. Un peggioramento che è stato incentivato dalle diverse giunte che, viste le crescenti difficoltà dell’azienda, negli ultimi dieci anni hanno abbassato l’asticella per permettere ad Atac di raggiungere l’obiettivo. Basti pensare che nei primi anni duemila l’offerta era di 120 milioni di chilometri, con un taglio medio nel giro di 18 anni del 30%, che in periferia raggiunge il 50%.
L’incapacità di erogare il 100% del servizio che le è richiesto dal contratto di servizio del Comune è figlia di una situazione finanziaria disastrosa. Il debito di Atac ammonta infatti a 1,3 miliardi di euro, con un ulteriore deficit di oltre i 100 milioni ogni anno. Una crisi che impedisce qualsiasi tipo di investimento in nuovi mezzi e che incide anche sulla possibilità di attuare un’ordinaria manutenzione efficace. Solo nel 2017 sono andati a fuoco ben 22 autobus, tradizione che si sta confermando anche nel 2018 come dimostra il mezzo andato in fiamme lo scorso maggio nella centralissima via del Tritone.
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IL TENTATIVO DI SALVATAGGIO DI ATAC
Per far fronte a questa situazione disastrosa il comune ha avviato per Atac il concordato preventivo, ossia una sorta di semi fallimento, in cui l’azienda dichiara l’impossibilità di pagare i creditori. Se l’operazione dovesse andare a buon fine, ma in molti hanno dei seri dubbi, Atac dovrebbe utilizzare una parte degli ipotetici utili (finora è sempre stata in perdita) per ripagare una parte dei debiti, non avendo comunque a disposizione fondi da investire.
A peggiorare la situazione c’è un aspetto particolarmente rilevante: la cattiva gestione dell’azienda rappresenta uno spreco infinito di soldi pubblici. Contrariamente a quanto si possa immaginare, infatti, il servizio di trasporto pubblico si finanzia solo in minima parte con la vendita dei biglietti, che rappresenta circa il 30% delle entrate totali, facendo principalmente affidamento sulla fiscalità generale del comune. Motivo per il quale ogni cittadino romano attraverso le proprie tasse, prima ancora di mettere piede su un autobus o su una metropolitana, ogni anno versa all’azienda circa 170 euro.
REFERENDUM TRASPORTO PUBBLICO
Il referendum è stato promosso dai Radicali che hanno raccolto 33mila firme per poterlo realizzare. Lo scopo della consultazione referendaria, spiegano, è spingere l’amministrazione comunale a mettere a gara il servizio di trasporto pubblico che, anche se assegnato ad una o più aziende private, rimarrebbe pubblico. Una gara dalla quale non sarebbe esclusa l’attuale municipalizzata, purché venga rimessa in sesto con un piano aziendale serio. “Atac – spiegano i proponenti – è stato il monopolio pubblico che ha gestito il trasporto durante la crescita della città, ma oggi dimostra chiaramente di non poter più garantire uno standard decente per la Roma contemporanea. È necessario cambiare modo di gestire il servizio, è necessario sfruttare le opportunità di mettere in concorrenza gli operatori più capaci e alle condizioni più utili per il comune e per i cittadini”. In questa metodologia, i Radicali vedono “l’unica speranza” per un effettivo miglioramento del funzionamento di bus e metro e la fine della disastrosa gestione attuale. Per il sì, dopo un lungo periodo di silenzio, si è schierato anche Pd romano.
Il Movimento 5 Stelle, che ha fatto di tutto per far passare sottotraccia il referendum, invita i cittadini a votare per il ‘no’. “Si vuole far credere erroneamente che mettere a gara il trasporto pubblico con l’eventuale entrata di altri operatori porterà maggiore efficienza ma non è così”, ha dichiarato il presidente della commissione Trasporti Enrico Stefano, che ha aggiunto: “La città sconta un deficit infrastrutturale e noi stiamo lavorando per risolvere questa questione”. Il fronte del ‘no’ annovera anche i la Lega, Alemanno e Fassina oltre i sindacati. Per quest’ultimi, infatti, le “privatizzazioni portano al generale peggioramento della qualità del servizio e delle condizioni di lavoro delle aziende sotto esame”.
REFERENDUM PER LA LIBERALIZZAZIONE DEL TRASPORTO PUBBLICO
Tra i principali argomenti dei sostenitori del ‘no’ c’è il timore che un settore così decisivo nella vita della città possa passare nelle mani dei provati, che penserebbero solo ai profitti. Paura che invece i proponenti del referendum considerano completamente infondata: con una liberalizzazione autentica che preveda una pluralità di operatori – sostengono – il comune avrebbe maggiore controllo rispetto alla situazione attuale, continuando a pianificare linee, tariffe, e mantenendo la possibilità di controllo sull’azienda.
Quel che certo è che Atac al momento non è in grado di garantire un trasporto pubblico all’altezza di una capitale europea e che la stragrande maggioranza dei cittadini è stanca di continuare a pagare per un servizio carente e inadeguato. Ragione per la quale è doveroso che ogni romano domenica vada ad esprimere la propria opinione a riguardo.