Malinconia: la felicità di essere tristi

Un sentimento che si nasconde nell’ombra di un ossimoro. Ma la sua luce è un desiderio che vale la pena di essere afferrato. Senza la paura di restarne intrappolati

NON SPRECARE LA MALINCONIA

Se avete anche solo una tendenza alla malinconia e ciò vi preoccupa, potreste rassicuravi in pochi secondi con le parole di Victor Hugo: «La malinconia è la felicità di essere tristi». Sembra un ossimoro, una contraddizione che non regge alla prova empirica della vita quotidiana, ma in realtà è proprio ciò che avviene con la malinconia, se sappiamo orientarla, governarla. Guidarla con la bussola di uno sguardo proiettato in avanti e non girato all’indietro.

IMPORTANZA MALINCONIA

Facciamo fatica a immaginare persone che non abbiano momenti di malinconia. E non le invidiamo. Sprecano un’emozione autentica, forte, e probabilmente la scansano, magari in modo inconscio, per non uscire dal labirinto di una vita molto semplice nella sua superficialità. Già, la malinconia è un sentimento complesso, che non si afferra tutto e subito. Ha bisogno di gradazioni, pone domande, ci costringe a interrogarci.

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MALINCONIA BENEFICI

È attraverso la malinconia del tempo che passa, per esempio, che possiamo spingerci fino al confine con le domande di senso. Da dove vengo e dove andrò? Quanto ho dato e quanto ho ricevuto nella vita? Sono stato all’altezza dei miei talenti? In questo senso la malinconia è uno scatto fotografico che può anche apparire e scomparire nello spazio temporale di un lampo. Ma è un lampo che porta lontano. Per esempio, e qui la malinconia diventa una ferita, verso il lutto nostalgico, ciò che avremmo voluto fare ( o essere) e non siamo riusciti a realizzare.

La malinconia non ha età. Non è affatto un sentimento da persone anziane o mature. Anzi. Spesso arriva con l’adolescenza, con la gioventù, con quel carico di energia vitale che ci traghetta verso la piena maturità, con la fine di tante spensierate illusioni e con l’aumento di responsabilità di varia natura.

EFFETTI MALINCONIA

La malinconia è fatta di luoghi e di odori. Ognuno di noi ha avuto un posto dove si è sentito più felice, più sereno: basta solo ritornarci e sentirete scivolare sulla pelle la brezza della malinconia. Quel luogo, nel suo silenzio, vi dirà sempre qualcosa. Come un profumo, che immediatamente collegate a una persona, a una circostanza. Ed è allora che scoprirete meglio quella che Hugo definiva «la felicità di essere tristi».

Accanto alla malinconia transitoria, legata a un particolare periodo della vita, a una fase o a una specifica età, c’è la malinconia caratteriale. Permanente. Al punto da diventare un aspetto somatico della persona: le persone malinconiche le vedete da uno sguardo, da come pongono le dita sul viso o da come muovono le mani. Già Ippocrate considerava la malinconia una dei quattro umori (l’umore nero) che costituiscono la natura del corpo umano, e tutta la psicanalisi, da Freud in poi, non ha fatto altro  che scavare in questo sentimento così intrecciato alla persona. Alla ricerca di ciò che separa la malinconia dalla depressione, di quel passo in più che la persona per sua natura malinconica corre sempre il rischio di fare.

NON SPRECARE LA MALINCONIA

A chi sente questo pericolo, e non lo diciamo per consolazione, possiamo suggerire un tuffo nella letteratura, nella poesia, nell’arte. Scoprirete l’universo dei geni ispirati dalla potenza della malinconia, e ne gusterete i risultati. Michelangelo si augurava di «restare rinchiuso, fino al midollo, nella malinconia». Per Tolstoj era il desiderio dei desideri. Al suo arrivo, nelle parole di Ungaretti, «si appoggia balaustrata di brezza». E se Dante sperava di stare in sua compagna, per Baudelaire la malinconia era « sempre inseparabile dal sentimento del bello».

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