Perchè la prima impressione è quella che conta

Non è solo un modo di dire: diverse ricerche scientifiche confermano l'importanza del primo impatto. Con il quale, se sbagliato, si possono sciupare le relazioni umane.

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Qualche volta i rapporti umani si sprecano per dettagli, anche irrilevanti o sopravvalutati. Come nel caso della prima impressione, quella che conta e può essere definitiva: non è solo un modo dire, ma diverse ricerche scientifiche, ormai da qualche anno, confermano questa verità.

In uno studio del 2006, due famosi psicologi cognitivi, Alexander Todorov (di origine bulgara, ha lavorato a lungo alla Princeton University) e Janine Willis, la sua più stretta collaboratrice, hanno dimostrato che le persone formano impressioni su tratti come competenza, simpatia, affidabilità, dominanza e aggressività dopo solo 100 millisecondi (un decimo di secondo) di esposizione a un volto. E queste impressioni cambiano pochissimo anche se aumenta il tempo di osservazione. 

Una ricerca più recente, realizzata dalla Harvard Business School, e condotta da un team guidato dalla psicologa Amy Cuddy, ha indagato con molto rigore scientifico sui meccanismi che scattano tra gli individui quando si incontrano per la prima volta. E la cosa che sorprende è l’importanza dei gesti, degli sguardi, degli atteggiamenti. Molto più delle parole. Pensate: in una conversazione, al primo approccio, il contenuto del nostro discorso incide appena per il 7 per cento, per il restante 93 per cento pesano gesti, espressione del viso, tono della voce. 

La spiegazione di questi fenomeni è che il cervello interpreta in modo rapidissimo segnali non verbali (postura, tono di voce, sguardo) e tali elementi influenzano la valutazione complessiva, spesso più delle parole. 

Altri studi, infine, mostrano che per ribaltare un’impressione negativa occorrono diverse esperienze positive successive, mentre è più facile rafforzare una buona impressione che correggerne una cattiva.

Che dire? Per evitare di cadere nella trappola della prima impressione non resta che affidarsi a due categorie, molto utili: il dubbioda coltivare sempre, e non abbandonare mai., specie quando si rischia di cedere al giudizio facile, perentorio ed ex cathedra; e il senso criticoil più potente antidoto contro la possibilità, piuttosto frequente, di essere prevenuti nei confronti degli altri. Specie se la prima impressione non convince. 

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