La banda larga sbarca in Africa

Viviamo davvero in un mondo interconnesso? La risposta non può che essere sì se si pensa alle percentuali di uomini e donne collegati a Internet in Europa (circa il 49%) e negli Usa (circa il 70%), a patto che che si escluda dal mondo un grande territorio come quello dell’Africa sub-sahariana, dove Internet raggiunge solo […]

Viviamo davvero in un mondo interconnesso? La risposta non può che essere sì se si pensa alle percentuali di uomini e donne collegati a Internet in Europa (circa il 49%) e negli Usa (circa il 70%), a patto che che si escluda dal mondo un grande territorio come quello dell’Africa sub-sahariana, dove Internet raggiunge solo sei persone su cento. I paesi più poveri del mondo come Niger, Sierra Leone e Repubblica Democratica del Congo non arrivano nemmeno all’1%. Secondo i dati delle Nazioni Unite, il continente nel suo complesso non raggiunge il 10%, una cifra alimentata soprattutto dai Paesi del Maghreb che stanno dimostrando in questi giorni quale importanza possa avere il Web.

Finora, un solo cavo sottomarino, South Atlantic 3 (Sat-3), collegava l’Europa all’occidente africano, ma le cose sembra stiano per cambiare. Molti sono i progetti di cablaggio che interessano il continente nero. Dal 2009, il cavo in fibra ottica Eastern Africa Submarine Cable System (Eassy) si allunga su oltre 10 mila chilometri per alimentare la costa orientale dell’Africa e connetterla al vecchio continente. Due progetti, Globacom-1 e MainOne, serviranno la costa occidentale da Lagos, alla Nigeria. Altri, come il West African Cable System (Wacs) o l’Africa Coast to Europe (Ace), potrebbero essere operativi dal 2012.

Un rinascimento digitale che fa dichiarare a Annie Chéneau-Loquay, direttrice al Centro Nazionale di Ricerche (Cnrs), in un’analisi della situazione africana, che forse si potrebbe passare da un deserto totale a una situazione di offerta eccessiva.

I numeri sembrano darle ragione: dai 340 gigabit al secondo attualmente disponibili si passerebbe a più di 20 terabit. Ma sarà questo a colmare il divario digitale dell’Africa? All’alba dell’era di Internet, Bill Gates sostenne, forse con un pizzico di spirito provocatorio, che i Paesi economicamente più arretrati avrebbero dovuto investire nelle nuove tecnologie e, in breve tempo, avrebbero superato le grandi potenze. Una profezia che non si è avverata, anche perché non c’è stato uno sforzo economico in questa direzione. Il terzo e il quarto mondo, così, sono rimasti tali anche nell’ambito del digitale, e in Africa molto dipende dalla volontà di investire delle grandi compagnie occidentali.

I progetti di cablaggio nel continente stanno già moltiplicando gli investimenti nel territorio, calcolati in circa 1,95 miliardi di euro provenienti dalle società di telecomunicazione. In questa cifra sono compresi i 530 milioni di euro messi da un consorzio trainato da France Télécom Orange e dalle sue filiali sul territorio.

Il modello di sviluppo attuale, tuttavia, non riesce a superare alcune difficoltà sostanziali. Se si proiettano su una cartina gli attuali progetti infrastrutturali si noterà una copertura persino sovrabbondante della costa, e una situazione di quasi abbandono dell’entroterra. Troppo costoso, sostengono gli analisti, creare una efficiente rete di connessione tra gli stati africani, e, soprattutto, non si prevedono profitti. “Non esiste neppure un’idea di rete continentale che metta in connessione le capitali africani", ha dichiarato a Le Monde Jean-Louis Fullsack, amministratore dell’Ong Coopération-Solidarité-Développement. Una simile infrastruttura richiederebbe investimenti per un milliardo di euro.

Decisiva, d’altra parte è la politica delle grandi compagnie di telecomunicazioni che, in Africa, operano spesso in regime di monopolio o quasi. Se gli stati non accettano la presenza di un soggetto dominante, la qualità dei collegamenti interni ne risente molto secondo Fullsack. E le compagnie battono spesso, inutile dirlo, bandiera straniera: dalle francesi Orange (circa 10 milioni di clienti in Africa) e Vivendi (ben posizionata in Mali, Marocco e Gabon) alla britannica Vodaphone, senza dimenticare l’inidiana Barthi, che trovano di fronte a loro la fragile opposizione della Sudafricana Mtn o dell’egiziana Orascom. L’obiettivo di ridurre i costi delle comunicazioni, spesso affidate ai satelliti, passa quindi in secondo piano rispetto alla necessità di preservare i profitti.

Non mancano poi le difficoltà legate alla morfologia del territorio e alla struttura socio-economico: raggiungere gli utenti finali può costituire un serio problema in alcune zone rurali.

Difficoltà che, tuttavia, potrebbero essere superate dalla telefonia mobile di terza generazione. Nel 2010 si contano già 400 milioni di abbonati e sono circa 29 milioni gli utenti di cellulare che sfruttano connessioni a banda larga. La rivoluzione Internet, sembra proprio di capire, per gli africani passerà dalla diffusione degli smartphone.
 

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