La plastica uccide i pesci, e questo avviene per motivi molto specifici. A partire dal fatto che i rifiuti di microplastiche vengono scambiati dai pesci per cibo (la confusione maggiore riguarda il plancton), e da qui si può arrivare a un blocco intestinale o respiratorio. Poi ci sono i danni legati alla contaminazione chimica. sostanze tossiche che possono danneggiare anche l’organismo delle persone che mangiano il pesce.
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Le microplastiche scambiate per cibo
I pesci, specialmente quelli che nuotano vicino alla superficie o che si nutrono di plancton, possono confondere piccoli frammenti di plastica (microplastiche) con il cibo. Quando ingeriscono plastica, questa può causare danni fisici al loro sistema digestivo. I frammenti di plastica non vengono digeriti, quindi possono accumularsi nell’intestino, impedendo l’assorbimento di nutrienti essenziali. Questo porta a malnutrizione, affaticamento, blocco intestinale o respiratorio e, in alcuni casi, anche alla morte.
Le sostanze chimiche tossiche
La plastica non è solo un pericolo fisico, ma anche chimico, e già questo, da solo, sarebbe un ottimo motivo per ridurre il suo uso. Durante il suo lento processo di degradazione, la plastica può rilasciare sostanze tossiche come ftalati, bisfenolo A (BPA) e altre sostanze chimiche nocive. Queste sostanze possono accumularsi nei pesci, alterando il loro sistema endocrino e riproduttivo, e talvolta possono essere trasmesse a chi consuma il pesce (inclusi gli esseri umani).
Pesticidi e metalli pesanti
Anche quando la plastica non viene ingerita, può fungere da “magnete” per altre sostanze inquinanti presenti nell’acqua, come pesticidi, metalli pesanti e inquinanti organici. Questi inquinanti si attaccano alla superficie della plastica, e quando un pesce inghiotte il materiale, rischia di assorbire anche queste sostanze tossiche.
Blocchi respiratori
La distruzione degli habitat marini
La plastica galleggiante può modificare l’habitat naturale dei pesci, influenzando la distribuzione delle risorse alimentari e la possibilità di riparo. Inoltre, la plastica può bloccare la luce solare e interferire con la fotosintesi di alghe e piante acquatiche, che sono fondamentali per l’alimentazione di molte specie marine.
Nel 2050 a mare avremo più plastica che pesci
Le plastiche più nocive
- buste di plastica
- reti e scarti derivanti dalla pesca
- rifiuti di gomma
- palloni e palloncini
- utensili
In questo studio, sono state analizzate ben 1.328 cause di morte di animali marini. I killer dei mari sono di sicuro i sacchetti di plastica che possono provocare blocchi intestinali a balene, delfini e tartarughe.
I pesci di piccola e media taglia invece sono flagellati da reti da pesca, rifiuti plastici e gomma. Quest’ultima è anche la causa di morte di molti uccelli marini.
Paesi che riversano più plastica a mare
Solo nel Mediterraneo finiscono 730 tonnellate di rifiuti ogni giorno, e in gran parte si tratta di plastica. Il Parlamento Europeo denuncia infatti che il 27% di questi provengano da scarti della pesca e dell’acquacoltura.
In Italia, dal mare alle spiagge e lungo le coste, siamo circondati dalla plastica. In particolare, come emerge dall’indagine Beach Litter 2022 di Legambiente condotta in 62 punti del litorale, risultano 834 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia, di cui l’84% è composto da plastica e il 46% è rappresentato dagli oggetti monouso. Al primo posto della classifica dei rifiuti troviamo la plastica, seguono vetro e ceramica, metallo, carta e cartone. E ancora: sacchetti di plastica, shopper e buste.
Da uno studio pubblicato da Science invece si evince che oltre 5 milioni degli 8,8 milioni di tonnellate di plastica riversate nei mari ogni anno sono prodotti da cinque Paesi dell’Asia:
- Cina
- Filippine
- Thailandia
- Vietnam
- Indonesia
Con un semplice calcolo si può comprendere come questi 5 stati siano responsabili per il 60% della plastica scaricata negli oceani.
A chiudere la Top Ten, per modo di dire, sono Paesi in via di sviluppo ubicati tra Africa e Asia. Ma non bisogna dimenticare che gli USA sono i maggiori produttori in assoluto di plastica. Nel 2016 ad esempio, per più della metà dei rifiuti raccolti, ha esportato circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti plastici a partner commerciali, di cui quasi il 90 per cento non è in grado di smaltirli in maniera adeguata.
Questo si traduce in spazzatura accumulata tra discariche a cielo aperto e dispersione nell’ambiente per mancanza di senso civico. Sono poi gli agenti atmosferici, i fiumi e determinate condizioni ambientali a trasportare nei nostri mari tutti questi residui, ovvero la plastica che sta affogando il mondo marino e che potremmo tagliare drasticamente. Intanto, mentre ci abituiamo a stili di vita che prevedono un minore consumo di plastica, potremmo tagliare drasticamente i rifiuti a mare di questo materiale facendo bene la raccolta differenziata grazie alla quale la plastica viene riciclata e non sprecata e trasformata in un rifiuto altamente inquinante e tossico per i pesci.
Che cosa si intende per plasticosi
L’ornitologo Alex Bond, con alcuni colleghi del National History Museum di Londra, hanno coniato una nuova patologia che colpisce gli animali, specie quelli che frequentano il mare: la plasticosi. Si tratta di un malattia, che porta alla morte, legata agli effetti di piccoli pezzi di plastica (le micidiali microplastiche) sui tessuti interni. La definizione è nata esaminando lo stomaco di trenta berte morte dopo avere ingerito plastica sull’isola di Lord Howe, 6 mila chilometri al largo dell’Australia. Nel 90 per cento dei casi le berte avevano lo stomaco infiammato, gonfio e con una diffusa fibrosi. Tutto per le ferite legate ai pezzi di plastica ingeriti.
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