Lo Zibibbo di Pantelleria patrimonio dell’Unesco

Nella prestigiosa lista dei patrimoni culturali dell'umanità è entrata di diritto la vite ad alberello dell'isola siciliana: una buona notizia per l'agricoltura del Belpaese e un successo dell'Italia tutta.

ZIBIBBO DI PANTELLERIA PATriMONIO UNESCO –

E’ il compimento ideale di ogni buon pasto, e grazie al suo sapore morbido e vellutato ed equilibrato trova il perfetto “matrimonio di gusto” se accompagnato da dolci, meglio se secchi o farciti con confetture che presentano qualche nota di acidità, come quelle di ribes o frutti di bosco. Stiamo parlando del Moscato passito di Pantelleria, meglio conosciuto come Zibibbo (la parola “zibibbo” deriva dall’arabo zabīb (زبيب) che vuol dire “uvetta” o “uva passita”). Questa deliziosa bevanda, un vino prodotto nella provincia di Trapani, molto liquoroso dal colore giallo ambrato e dal profumo intenso (con un sentore di fichi secchi, albicocche e miele) ora oltre che essere riconosciuto da secoli nella cerchia dei buongustai di tutto il mondo, è diventato a tutti gli effetti un bene dell’umanità da riconoscere come tale e tutelare: la coltivazione dell’isola di Pantelleria è infatti la prima pratica agricola riconosciuta patrimonio dell’Unesco ed è stata votata dalla commissione riunita a Parigi all’unanimità.

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Una grossa vittoria per l’agricoltura del Belpaese e una vittoria per l’Italia tutta, perchè questo fatto dimostra che saranno le nostre eccellenze a ridare speranza per il futuro (il riconoscimento internazionale porterà più esportazioni, più turismo e contribuirà a rimettere in moto un minimo l’economia). Secondo il giudizio espresso, la pratica agricola di Pantelleria rappresenta “un esempio unico nel suo genere di coltivazione della vite, tramandatasi di generazione in generazione nella comunità pantesca”.

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ZIBIBBO VITE –

E dire che questo primato è costato non poca fatica: come leggiamo sul Messaggero.it, la coltivazione dello “zucco”, come lo chiamano gli agricoltori panteschi, segue nella maggior parte dei casi una tradizione e una manualità che esclude pratiche invasive o tecnologiche. C’è chi tra quei pochi coltivatori continua ad allevare la vite ad alberello seguendo esclusivamente processi naturali e puntando sulla manualità. Un isola di 12mila km in cui a farla da protagonisti sono i terrazzamenti. Un vanto, che quei pochi produttori ancora intenti a far crescere le uve da cui nasce il vino passito o il moscato difendono a spada tratta, puntando su pratiche agricole che seguono principalmente le esigenze della natura. La vigna a Pantelleria può contare solo sulle braccia dell’uomo: non ci sono macchine che possano sostituire il contadino.

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ZIBIBBO PANTELLERIA –

Sui terrazzamenti la vite viene allevata al di sotto del livello del suolo, in una larga conca per riparare la pianta e i frutti dai venti di scirocco e di greco levante che spirano con violenza sull’isola. Per questo motivo a Pantelleria si parla di viticoltura eroica: le lavorazioni, infatti, durante tutto l’anno richiedono un monte ore di lavoro, per unità impiegata, che supera di almeno tre volte quelle necessarie alla coltivazione di un normale vigneto sulla terra ferma. Dalla coltivazione fino alla produzione del passito o del moscato, i grappoli della vite ad alberello vengono raccolti dopo la maturazione e prima della pigiatura, sono distesi ad asciugare su piani di pietra pomice o graticci in legno la cui origine è millenaria. Una tradizione la cui origine si perde nella notte dei tempi e che da ora fa parte del patrimonio Unesco.

 

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