Pubblicità contro le donne e il loro corpo. Da Lamborghini a Nuvenia e Dolce & Gabbana

La pubblicità sta assecondando le peggiori pulsioni sul corpo femminile. Sta andando molto oltre la pornografia. E per fermarla esiste un solo modo: boicottare i prodotti promossi in modo volgare

La violenza contro le donne non inizia con i gesti. Non serve uno schiaffo, un pugno, una mano che si alza, per entrare nel tunnel dove la donna ha un corpo destinato a soccombere. No, la violenza viene prima e dopo, per esempio dalla forza delle immagini, dal messaggio che riproducono e lasciano passare.

PUBBLICITÀ VOLGARI

Non scandalizziamoci più del dovuto. Non facciamo moralismo. La pubblicità ha sempre utilizzato il corpo della donna, il Bello della donna, per promuovere prodotti. Qualsiasi prodotto. Ricordiamoci che quando i settimanali di informazione erano i giornali più venduti in edicola, parliamo di Panorama ed Espresso, al momento di scegliere la copertina si optava sempre per una bella donna nuda che andava ad illustrare la notizia di prima pagina.

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PUBBLICITÀ CONTRO LE DONNE

Ma il salto al quale stiamo assistendo è quello di assecondare, con la pubblicità, tutte le peggiori pulsioni nei confronti del corpo femminile. Non basta più l’approccio erotico, sul filo della pornografia, serve andare oltre, e trascinare il corpo della donna all’uso violento, perverso nei suoi confronti. Così delle fiammanti auto Lamborghini gialle sono fotografate con ragazzine ammiccanti in primo piano, come se il possesso dell’auto di lusso e quello del corpo di una quasi bambina fossero due cose parallele. Le immagini delle baby modelle, cosa abbastanza singolare, sono tra l’altro firmate da una bravissima fotografa, militante di sinistra contro la mafia, siciliana doc: Letizia Battaglia. Ma la firma non giustifica, semmai aggrava la situazione, come nel caso di alcune provocazioni di Oliviero Toscani.

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PUBBLICITÀ VOLGARI E OFFENSIVE

Gesù e Maria sfigurati e tratteggiati in modo volgare. Le mani di un uomo che stringono, in segno di possesso, il seno nudo di una donna. Una monaca con sguardo perverso, spogliata per indossare un attillato blu jeans. Un uomo che siede all’angolo di un letto dove giace il corpo, nudo, di una donna violentata: con la scritta «Elimina tutte le tracce». Una coppia di giovani che fanno sesso sfacciato, con lei ovviamente inginocchiata di fronte a lui.

(Un’immagine della campagna pubblicitaria diffusa nel 2012 da un’azienda di abbigliamento, al centro dell’attenzione in seguito alla decisione della Corte Europea di Strasburgo di condannare la Lituania per aver multato l’azienda che si è servita di Gesù e Maria per pubblicizzare i propri capi. Secondo i giudici, la multa ha violato il diritto alla libertà d’espressione dell’azienda. Fonte immagine: Facebook)

C’è un limite alla pubblicità volgare? C’è un confine che possiamo considerare non valicabile anche di fronte alla dittatura del mercato, del marketing, del consumo a tutti i costi? Devo dire che le provocazioni pubblicitarie, comprese quelle di un fotografo di talento come Oliviero Toscani, non mi hanno mai convinto. Un conto è la creatività e l’originalità del messaggio, altra cosa è scadere nel sessismo o nell’insulto solo per catturare attenzione. E vendere il prodotto in promozione.

PUBBLICITÀ SESSISTA

La pubblicità volgare con l’uso cinico del corpo femminile non ha confini di età. Se Dolce & Gabbana piazzano il corpo di una giovane donna sotto quello di un uomo che la sta schiacciando, come se la volesse possedere, Nuvenia e Tena, per vendere i loro assorbenti, utilizzano in modo disgustoso la meraviglia del corpo femminile in età avanzata. Anche qui i particolari sono l’aspetto più deprimente, con la conchiglia che nasconde la vulva della donna. Se andate a sfogliare il catalogo delle immagini delle indossatrici dei prodotti dell’azienda Yamamay scoprirete una vera collezione di ninfette. Tutte in posa. Tutte in atteggiamenti come se stessero mettendo all’asta il loro corpo e non soltanto accompagnando la promozione di un reggiseno.

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COME LA PUBBLICITÀ RACCONTA LE DONNE

Questa pubblicità che non tiene in alcuna considerazione le sensibilità delle persone, che ancora una volta riduce la donna e il suo corpo a un oggetto nelle mani dell’uomo, che introduce ed espande un linguaggio violento e volgare, non ha attenuanti. Non è giustificabile. E l’unico modo per fermarla è l’arma che abbiamo come consumatori: fare sentire la voce della nostra protesta, per esempio attraverso i social, e boicottare la vendita dei prodotti promozionati con questi metodi.

Inutile dire che contro la pubblicità volgare abbiamo il solito Codice deontologico, scritto dall’Adci, il club dei creativi pubblicitari, già nel lontano 20111. Abbiamo Giurì e organismi vari di controllo. Tutta roba inutile. L’unica cosa efficace per fermare la pubblicità offensiva è quella di colpire la tasca delle aziende, che hanno responsabilità enorme in quanto tocca a loro l’approvazione finale di qualsiasi campagna di foto e di video. A prodotti già degradati da queste finte provocazioni, basta rispondere con un virale “no, grazie”. E allora vedrete come la pubblicità tornerà a occuparsi di buone idee e di buon senso, e non di cattiva propaganda a favore della violenza e contro, come al solito, il corpo delle donne.

(In copertina, un’immagine della campagna realizzata dalla fotografa Letizia Battaglia per Lamborghini)

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