La provocazione di Rabanser, che per qualche giorno ha messo un tornello per bloccare i turisti incivili, deve far riflettere

Ci sono due problemi da affrontare: l'inciviltà di tanti, troppi frequentatori della montagna e il ciclone da inferno dantesco dell'overtourism

George Rabanser
Ci sembra fin troppo facile e forse inutile (della serie: uno spreco di tempo) censurare la provocazione di George Rabanser, 52 anni, che con altri tre proprietari di alcuni  terreni lungo il sentiero che porta alle famose rocce del Seceda sulle Dolomiti, ha messo per alcuni giorni un tornello per i turisti, chiedendo un pedaggio di 5 euro per accedere alla zona e completare la meravigliosa passeggiata. Dopo le giuste proteste, da parte di tutti, il tornello non è stato smontato, ma la tassa è stata eliminata e Rabanser ha confessato che si è trattato soltanto di una chiara e forte provocazione.
E qui iniziano e non finiscono i problemi. Il gesto di Rabanser, che tra l’altro è un personaggio nell’universo delle Dolomiti, e non un noto provocatore ecologista (ha conquistato diversi titoli italiani di snowboard, ha partecipato da protagonista a varie Coppe del Mondo e oggi è impegnato nella formazione dei giovani atleti della Val Gardena), nasce da due problemi reali, due sprechi che rischiano di deturpare tante bellezze naturali, anche in montagna.
Il primo è l’inciviltà di tanti, troppi, turisti e ospiti di vario genere, che arrivano in luoghi magici e immacolati, e li stuprano, lasciando ovunque rifiuti di qualsiasi genere, che poi nessuno raccoglie, tranne qualche volenteroso, in qualche modo coinvolto sul territorio, come appunto Rabanser, e gli altri tre proprietari dei terreni. In alta stagione ci sono fino a 5-6 mila persone che ogni giorno salgono verso il Seceda, e tra loro si contano i noti incivili. 
Ovviamente non si possono fermare con i tornelli, ne possiamo pensare che con lo schioccare delle dita risolviamo il problema della cattiva educazione di tanta gente, persone che tra l’altro, state tranquilli, si professano “amanti della montagna”. Però si potrebbero fare tante cose utili, e magari condividerle sul territorio, con associazioni della filiera del turismo, volontari, amministrazioni pubbliche, aziende private, scuole.
Primo: l’amministrazione provinciale di Bolzano, anche per la totale autonomia della quale gode,  ha tanti soldi da spendere, senza sprecarli, per proteggere e valorizzare il territorio, e ha il dovere di assicurare la pulizia e la messa in sicurezza del territorio, e non può lavarsene le mani, come denuncia anche Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige, e lasciare che siano i contadini e i proprietari dei terreni a farsi carico dell’ordine, della pulizia e finanche della manutenzione dei sentieri e dei prati. 
Anche la società Funivie Seceda S.p.A. (nota  come Seceda AG), che gestisce gli impianti di risalita sul Monte Seceda, dovrebbe mettere mano al portafoglio e alla sua coscienza, e non fare finta di nulla, mentre tosa i suoi clienti, facendosi pagare la bellezza di 52 euro per salire e scendere con la funivia e con la cabinovia. Una tariffa e un comportamento da turismo “prendi i soldi e scappa”.
Secondo: si possono coinvolgere scuole, associazioni di volontariato, ambientalisti, per diffondere, dal basso e con leggerezza, un maggiore rispetto per la montagna? C’è tutto a disposizione di un progetto del genere: dal decalogo con le regole essenziali per non violentare i sentieri e le aree di montagne alla soave predicazione  del buon senso, fino alla diffusione di qualche nozione di educazione civica. E probabilmente sarà anche il caso di coinvolgere i proprietari della zona, che in cambio di qualche attività di pulizia, a supporto del pubblico, e di formazione, potrebbero ricevere un indennizzo, non per guadagnare, ma almeno per non farsi carico da soli della preservazione di questi luoghi magici.
Terzo: la storia di George Rabanser ci trascina tutti, mani e piedi, nel vortice di un problema che in Italia soprattutto, per ovvi motivi, è davvero gigantesco: i danni dell’overtourism, un inferno dantesco i cui gironi si stanno moltiplicando a vista d’occhio. Al momento conosciamo bene la gravità della situazione, in qualsiasi regione del Paese e ovunque nel mondo dove ci sia la possibilità di incontrare il Bello, ma mancano ancora soluzioni ragionevoli, da condividere e diffondere. L’altra cosa sicura è che non possiamo fermare le persone con i tornelli, con i numeri chiusi, o con i colpi di frusta, dicendo: <State nelle vostre case>. Servono idee, sperimentazioni, e un lavoro lungo, faticoso e generoso. Con la massima collaborazione possibile tra le varie comunità e tra il pubblico e il privato, perché la vera sostenibilità (non certo quella falsa) è messa a rischio anche dall’overtourism.
Foto di copertina tratta dal Corriere dell’Alto Adige

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