Emada Meco, medico di famiglia a Fiano Romano, in provincia di Roma, nel Lazio, sintetizza così la sua normale giornata di lavoro. Deve seguire 1.800 pazienti, attacca in studio alle 8 del mattino e finisce alle 8 di sera, e due ore al giorno le perde per adempimenti burocratici, comprese tre firme che deve mettere quando chiede un rifornimento di pannolini e\o pannoloni.
Il caso di Emada è sintomatico del disagio di un’intera categoria, sempre meno accattivante per le nuove generazioni a causa dei guadagni incerti, ma innanzitutto dell’enorme mole di lavoro, delle crescenti responsabilità, e di una serie di adempimenti burocratici che rendono sempre più insostenibile questo lavoro.
Così i medici di famiglia in Italia stanno sparendo. Uno spreco enorme per i cittadini, che rischiano di ritrovarsi con un buco nero alla base del Servizio sanitario nazionale, mentre la solita retorica ricorrente ci informa che “bisogna rafforzare l’assistenza sul territorio” (bella scoperta, ma con chi, se i medici non ci sono o fanno altro?).
L’Italia ha perso 7 mila medici di famiglia negli ultimi 10 anni (nel 2013 erano 45.203, nel 2023 sono diventati 37.983) e un terzo di quelli attualmente in servizio andrà in pensione entro il 2035. Conclusione: già oggi 5 milioni di italiani non hanno un medico di famiglia, e quelli che lavorano sul serio potrebbero girare un remake del celebre film Il medico della mutua interpretato da un grandissimo Alberto Sordi. Tra qualche anno gli italiani senza medico di famiglia diventeranno, se non si riesce a garantire un ricambio generazionale, circa 8 milioni che si andranno a sommare oppure a sovrapporre ai 3 milioni di italiani che rinunciano alle cure mediche perché non se le possono permettere.
Il medico di famiglia in versione “furbizia all’italiana”, molto diverso da Emada Meco, invece non vuole rogne, si limita a firmare e distribuire ricette e prescrizioni. Poi chiede analisi e indagini, anche quando non sono necessarie, per non esporsi troppo con una diagnosi (magari non la sa fare), con altri sprechi di soldi pubblici.
L’eclissi di un lavoro così importante, se vogliamo davvero puntare allo Sviluppo sostenibile, che prevede Salute e benessere per tutti e per tutte le età (obiettivo numero 3 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile), andrebbe affrontata con serietà. Mentre siamo arrivati all’assurdo che nei concorsi destinati ai medici di famiglia ci sono meno candidati rispetto ai posti disponibili: questo avviene in ben sette regioni italiane. In Lombardia, per fare un esempio, su 390 posti disponibili si sono presentati 306 candidati. E la conclusione è disarmante: il medico di famiglia è un lavoro che non vuole fare più nessuno.
Che cosa fare quando il medico di famiglia va in pensione
Che cosa bisogna fare quando il proprio medico di famiglia va in pensione? Negli ultimi sette anni circa il 10 per cento dei dottori di medicina generale che sono andati in pensione non sono stati rimpiazzati. Un motivo in più per darsi da fare quando il proprio medico di famiglia va in pensione.
- Di solito la Asl avvisa 15 giorni prima del pensionamento. Quindi c’è tempo per andare di persona e richiedere il subentro. Magari scegliendo un medico di fiducia.
- In alternativa potete scegliere il nuovo medico anche via Internet. La scelta va fatta attraverso il Fascicolo sanitario elettronico, oppure con il portale o l’app delle regione dove si risiede.
- In un eventuale periodo di vacatio, tra il momento nel quale il medico di famiglia è andato in pensione e quello nuovo non è ancora subentrato, potete rivolgervi agli ambulatori di medici temporanei.
- Fatevi consigliare dal medico uscente, se vi siete trovati bene.
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