Palermo torna a essere capitale, a distanza di un paio di secoli da quando ricoprì questo ruolo nel Regno delle Due Sicilie. Ma questa volta il capoluogo siciliano conquista un primato meno nobile: è la capitale d’Italia per le diseguaglianze climatiche.
In nessuna città italiana le differenze di temperature, e i disastrosi effetti delle ondate di calore, sono così marcati come nel caso dei quartieri popolari e di quelli residenziali a Palermo.
Nelle zone dello Sperone e di Brancaccio, ovvero nei quartieri popolari dove manca completamente il verde e le infrastrutture sono molto carenti, nel punto al suolo più caldo si raggiungono i 64 gradi! E nelle case l’afa dura l’intera giornata, dall’alba alla notte inoltrata. Nei quartieri residenziali, dove invece esistono alberi e giardini, come per esempio la zona di Via Libertà, con i suoi 2,5 chilometri di marciapiedi alberati ed eleganti edifici che un tempo erano ville stile liberty, dove le temperature non vanno oltre i 32 gradi. Grazie alle condizioni ambientali del quartiere.
I dati sono stati forniti da Legambiente, che ha lanciato a Palermo la campagna
“Che caldo che fa”, con tutte le misurazioni, quartiere per quartiere, registrate dalle termocamere. Così si è scoperto, in modo incontrovertibile, che nel capoluogo siciliano ci sono quartieri popolari (come appunto lo Sperone e Brancaccio) dove l’asfalto si scioglie sotto i piedi, l’afa tropicale è una costante h24 e non esistono zone dove ripararsi, all’ombra. E quartieri residenziali, abitati dai palermitani benestanti e frequentati dai turisti, come Notarbartolo-Giardino Inglese, dove la frescura è di casa, anche quando le temperature sono tropicali.
Non è vero che la crisi climatica è uguale per tutti. Ci sono differenze enormi, legate al reddito, alla posizione sociale, ai luoghi dove si vive, ai mezzi a disposizione per difendersi dalle ondate di calore. Tutta la verità raccontata, con i numeri delle ricerche scientifiche e con le storie di uomini e donne, in questo libro.
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