Yacouba Sawadogo: l’uomo che ha fermato il Sahara. Piantando alberi con una tecnica antica

La sua lotta inizia nel 1974, senza particolari mezzi, osteggiato e deriso persino dai capi-villaggio della provincia di Yatenga, in Burkina Faso. Eppure, con l'ausilio di un'antica tecnica agricola, la zai, ha salvato dal deserto più di 40 ettari di terreno. Vincendo, nel 2018, il Right Livelihood Award

l'uomo che ha fermato il deserto

Yacouba Sawadogo era considerato l’idiota del villaggio. O almeno, questo era quello che pensavano tutti nella piccola provincia di Yatenga in Burkina Faso, solo per via del suo sogno: piantare alberi in modo da fermare l’avanzata del deserto.

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L’UOMO CHE HA FERMATO IL DESERTO

Agricoltore Burkinabé, da quasi quaranta anni lotta contro la siccità e la desertificazione che rubano terreno coltivabile alla popolazione del Burkina Faso, limitandone, di conseguenza, l’accesso al cibo e alle risorse coltivabili. Quando ha cominciato, nel 1974, senza alcun mezzo d’avanguardia o chissà quale capitale, nessuno aveva compreso la portata delle sue idee. Anzi, lo avevano deriso, osteggiato, addirittura avevano cercato di sabotare il suo tentativo di riportare la foresta dove c’erano enormi distese di sabbia di questa regione arida vicino al confine del deserto del Sahara, che ogni anno aumentano per l’aggravarsi della crisi climatica. I dati sono terribili: circa il 75 per cento del territorio ne subisce gli effetti, la flora e la fauna scompaiono e la biosfera si trasforma in deserto. Ma gli alberi pensavano, rubano acqua e portano via il prezioso terreno agricolo, già ridotto. Anche i capi villaggio non erano affatto felici delle iniziative di Yacouba, credendo che non fosse proprio sano di mente. Eppure, tutti avevano torto, tranne lui.

Oggi, infatti, il terreno arido si è trasformato in una foresta di 40 ettari, visibile anche dal satellite, che conta circa 96 specie di alberi e 66 piante, alcune commestibili, altre con proprietà medicinali. In questo habitat rinnovato, poi, è anche tornata la fauna selvatica. Sawadogo ha cominciato salvando 17 ettari di terreno dal deserto, attingendo all’antica sapienza africana e utilizzando una tecnica agricola che si chiama zai, che, semplificando consiste nello scavare una serie di piccole buche profonde una decina di centimetri per raccogliere la poca acqua piovana, concentrarla in una zona e facendo in modo che irrighi piano piano le zone colpite dalla siccità. Sawadogo ci aggiunge letame e altro materiale di scarto biodegradabile.

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YACOUBA SAWADOGO

La tecnica utilizzata da Sawadogo si è diffusa fino al Mali, e ora l’agricoltore settantenne ha intenzione di insegnarla a tutti coloro che volessero impararla da lui. Sono moltissimi, infatti, gli agricoltori che arrivano anche dai villaggi vicino per ricevere consigli su quali semi sia meglio piantare. Il tempo gli ha dato ragione, e nessuno è più scettico, anzi: Yacouba Zai, come lo chiamano, ha aiutato decine di agricoltori a raggiungere l’autosufficienza, e sta lottando contro il deserto, al punto da diventare, con la sua storia, soggetto di un documentario del 2010 diretto da Mark Dodd, “L’uomo che ha fermato il deserto”, e anche di un libro.

Il suo è un fantastico esempio di creazione di un intero ecosistema, che contrasta alcuni interessi degli speculatori.  Così, la foresta, lo scorso dicembre, viene colpita da un incendio di tipo doloso che ne brucia mezzo ettaro, poi viene espropriata dalle autorità. Ma Sawadogo non si ferma, e il suo impegno è sotto gli occhi di tutti, nel mondo. Nel 2018, infatti, il contadino sognatore viene premiato con il Right Livelihood Award, una sorta di Nobel per coloro che, si legge nella presentazione, “offrono risposte pratiche ed esemplari alle maggiori sfide del nostro tempo”.

(Immagine in evidenza tratta dal sito del Right Livelihood Award. Photocredits: Right Livelihood Award)

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