Inquinamento alle stelle a Pechino. E ora la Cina investe 360 miliardi sulle rinnovabili

I laghi e i fiumi sono devastati dall’inquinamento, e all’appello mancano 1,5 miliardi di acqua che non si sa da dove prendere. E su Pechino il cielo è sempre più grigio. Il governo, intanto, punta su meno petrolio (e carbone) e maggiore efficienza energetica

INQUINAMENTO A PECHINO –

La Cina prova ad aggredire lo smog che la sta soffocando, anche la strada per vedere risultati concreti è ancora molto lunga. A fronte di un vero cataclisma, come dimostra l’emergenza inquinamento a Pechino, il governo cinese corre ai ripari in due modi: investendo cifre da capogiro nelle energie rinnovabili e cercando di migliorare l’efficienza energetica.

ENERGIE RINNOVABILI CONTRO L’INQUINAMENTO –

Sul primo punto, a fronte di tagli della produzione di petrolio (- 7 per cento su un totale di 200 milioni di tonnellate) entro il 2020, nello stesso arco di tempo sono previsti investimenti nazionali e locali sulle rinnovabili per una cifra pari a 360 miliardi di dollari. Sul secondo punto, invece, il tentativo è di modernizzare l’intera rete dei rifornimenti energetici, riducendo per esempio gli enormi sprechi nel settore dell’illuminazione pubblica.

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CRESCITA POPOLAZIONE PECHINO –

Una delle città più colpite è la capitale. L’inquinamento a Pechino è sopra ogni soglia di guardia: basti pensare che nella megalopoli manca perfino l’acqua. Proprio così: all’appello mancano circa un miliardo e 500 milioni di metri cubi di acqua che non si sa da dove prendere, visto che l’inquinamento ha di fatto devastato i fiumi e i laghi. Tutto il sistema di rifornimento idrico è compromesso, tutte le risorse naturali sono state sfruttate, impoverite o distrutte.

INQUINAMENTO IN CINA –

La capitale cinese ha anche un grosso problema di popolazione: se infatti l’obiettivo delle istituzioni era quello di arrivare al 2020 con al massimo 22 milioni di abitanti, oggi Pechino ne conta più di 23 milioni. La città, insomma, continua a crescere e a inquinare. E forse sarebbe il caso di pensare alla Cina non più come alla locomotiva produttiva del mondo ma come alla patria di un grande disastro ambientale.

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