Napoli, a scuola i genitori chiedono classi divise per reddito

In una scuola di Sant'Antimo, alcuni genitori chiedono al dirigente scolastico di dividere gli alunni e le alunne in base al criterio del censo. "Per evitare che prendano una cattiva strada", aggiungono.

classi divise in base al ceto sociale

“L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori”. Così Erri De Luca, napoletano doc, descriveva la scuola in un bellissimo romanzo del 2009, Il giorno prima della felicità. Lo sfondo della storia è una Napoli bella e disordinata, invasa da cingolati e militari durante la Seconda Guerra Mondiale. Il romanzo racconta di un ragazzo che ama andare a scuola e ascoltare gli altri, che cresce, nonostante la miseria, grazie ai libri e le storie del Signor Gaetano, portinaio. Sono passati molti anni da quella Napoli narrata da Erri De Luca, in cui si sottolinea l’importanza di una scuola inclusiva, non discriminatoria, aperta a tutti e tutte senza distinzioni, come d’altronde è scritto nella nostra Costituzione.

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CLASSI DIVISE IN BASE AL CETO SOCIALE

Eppure, in un Istituto Comprensivo di Sant’Antimo, comune della città metropolitana di Napoli, un nutrito gruppo di genitori chiede con insistenza classi differenziate divise per censo: le pressioni al Dirigente Scolastico sarebbero ormai quotidiane, come si apprende sulle pagine del quotidiano La Repubblica. L’Istituto Giacomo Leopardi, 35 classi elementari (di cui 10 a tempo pieno) e 13 classi della scuola media, avrebbe denunciato l’accaduto in un post su Facebook, poi rimosso.

La fonte interna all’Istituto, verificata, avrebbe scritto al MIUR per far presente le continue lamentele dei genitori che chiederebbero la divisione degli alunni in base alla professione dei genitori: i figli dei professionisti, con un reddito elevato, divisi dai figli degli operai, meno abbienti. Richiesta che partirebbe dalla voglia di protezione dei propri pargoli, che, in questo modo, sarebbero al riparo da “prendere cattive abitudini”, come riferito dal collaboratore dell’istituto nella nota inviata al ministero.

Il dirigente scolastico resiste, fedele ai principi di una scuola per tutti e tutte, che unisca e non divida. Costituzionale. Non intende dividere i ragazzi e le ragazze, venire meno al suo ruolo di educatore e di formatore, e continua a rimandare al mittente tali richieste, che gli giungono sulla scrivania sotto forma di lettera. Spesso sgrammaticata e priva di congiuntivi corretti, come aggiunge.

CLASSI DIFFERENZIATE IN BASE AL REDDITO NAPOLI

La vicenda, col suo portato simbolico, non è purtroppo un caso isolato, e fa il paio con l’episodio, di un mese fa, dell‘Istituto Comprensivo Trionfale di Roma,  che, presentandosi sul portale online, faceva vanto della distribuzione in più plessi di studenti e studentesse di diversa estrazione sociale: in via Cortina d’Ampezzo, lussuosa zona residenziale piena zeppa di ville e gioiellerie, erano stati sistemati i figli dei ricchi e  delle colf, in via Assarotti, piccola via nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, gli alunni di estrazione medio-bassa e i figli degli immigrati residenti.

Non sono lontani i tempi in cui Don Lorenzo Milani si batteva per una scuola che non lasciasse indietro nessuno, diventando uno dei padri della moderna didattica e della pedagogia dell’inclusione, eppure tale eredità rischia di essere messa in discussione. Una storia, recente che insegna, ma a quanto pare non ha scolari.

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