Addio crisi, a Wall Street gli stipendi tornano d’oro

Massimo Gaggi NEW YORK — L’economia reale ha ancora la febbre, la disoccupazione resta elevatissima, le retribuzioni calano mentre anche il patrimonio delle famiglie -basato soprattutto sul valore della casa -continua a contrarsi. Ma i manager delle maggiori compagnie americane sfuggono alla forza di gravitàdella realtàeconomica: per loro il 2010 èstato un anno d’oro, con […]

Massimo Gaggi

NEW YORK — L’economia reale ha ancora la febbre, la disoccupazione resta elevatissima, le

retribuzioni calano mentre anche il patrimonio delle famiglie -basato soprattutto sul valore della

casa -continua a contrarsi. Ma i manager delle maggiori compagnie americane sfuggono alla

forza di gravitàdella realtàeconomica: per loro il 2010 èstato un anno d’oro, con aumento

delle retribuzioni complessivamente percepite che, in media, sono cresciute dell’ 11%(secondo

lo studio «conservativo» commissionato dal Wall Street Journal ai consulenti di Hay Group) o

addirittura del 24% se ci si fida di piùdell’indagine Equilar. Quest’ultima, realizzata per conto

dall’Associated Press, fotografa i compensi degli amministratori delegati di 334 delle 500

maggiori societàdell’indice Standard &Poor’s, quelle che hanno mantenuto gli stessi capi

negli ultimi due anni. La loro retribuzione media èstata di circa 9 milioni di dollari: la piùelevata

dall’istituzione di questo tipo di analisi, nel 2006. In sostanza, dopo il picco raggiunto nel 2007,

i compensi si sono fermati l’anno dopo, quando ècrollata Wall Street, e sono calati nel 2009,

anno particolarmente segnato dagli effetti della «grande recessione» . Ma l’anno scorso i

supermanager hanno recuperato alla grande. Fin qui ci si era concentrati soprattutto sui

maxicompensi di banchieri e finanzieri che erano tornati ad attribuirsi pingui bonus ai primi

segni di ripresa di Wall Street. I dati pubblicati negli ultimi giorni indicano, però che il fenomeno

èben piùampio. Sono molti i manager dei settori industriali piùdisparati ad aver incassato

decine di milioni di dollari: dal capo di Oracle, Larry Ellison, che si èportato a casa piùdi 68

milioni, ai capi di Ford e Ibm, Alan Mulally e Sam Palmisano (25 e 24 milioni rispettivamente),

mentre il numero uno del gigante del petrolio ExxonMobil, Rex Tillerson, si èaccontentato di 21

milioni. Relativamente indietro i banchieri (primo, con 23 milioni, il capo di JP Morgan Case,

James Dimon) mentre il dato piùsorprendente èla concentrazione degli stipendi al top nelle

compagnie media &entertainment: primatista assoluto (con 84 milioni di dollari) èstato, infatti,

Philippe Dauman, l’amministratore delegato di Viacom, la holding dello spettacolo che

controlla, tra l’altro, il canale MTV e la casa cinematografica Paramount. Ma non èun caso

isolato, visto che tra i primi dieci in classifica, cinque vengono da multinazionali della

comunicazione: oltre a Dauman, Leslie Moonves di CBS (53 milioni), Michael White di Direct

TV, Robert Igier della Disney e Jeffrey Bewkes, il capo di TimeWarner, il gruppo che controlla

giornali, case cinematografiche e la CNN. Nulla di scandaloso, sostiene Borsa èin ripresa e

che questi manager hanno contribuito in modo decisivo ad aumentare la redditivitàdelle loro

aziende, con grande beneficio per gli azionisti. Anche per il Wall Street Journal (che, come

detto, limita l’incremento medio del 2010 sull’anno precedente all’ 11%) sostiene che i profitti

delle imprese e i dividendi pagati agli azionisti sono saliti, in media, piùdei compensi pagati ai

manager (rispettivamente del 17 e 18%). Saràanche così èlecito interpretare tutto ciòcome

una prova della vitalitàdel capitalismo Usa che èriuscito a rimettersi in piedi. E’, però anche

evidente che stanno riemergendo vecchi eccessi oggi acuiti—e resi socialmente piùindigesti

—dalle difficoltàdelle famiglie americane, strette fra disoccupazione e contrazione del reddito.

KuBet
KUBet - Trò chơi đánh bài đỉnh cao trên hệ điều hành Android
Torna in alto