Come essere ospitali: la lezione giapponese dell’omotenashi

Perché Tokyo è considerata la capitale più civile del mondo? Dove nasce il culto dei giapponesi per uno stile di vita improntato alla gentilezza e alle buone maniere? Tutto parte da una parola: omotenashi

accoglienza e ospitalita giapponese

Il Giappone, sebbene arrivarci sia costoso e faticoso, è diventata una delle mete più di tendenza del turismo globale. Il Paese attira, in particolare gli italiani, e non solo per le sue bellezze, per l’incredibile mix di natura intatta e metropoli eccitanti, per il fascino della sua postura spirituale, con una densità di templi e santuari che non si riscontra neanche in India e in Cina. Ma se pensate anche solo di avvicinarvi alla calamita giapponese, cercate di farlo approfondendo una parola-chiave della loro cultura, determinante per decifrare il mistero dell’innata gentilezza di questo popolo e anche di un’ospitalità, che non ha confronti in nessun altro paese del mondo: omotenashi (la traduzione letterale è: accogliere con cuore).

L’omotenashi è molto di più di un prontuario di buone maniere, educazione, sobrietà, accoglienza: è uno stile di vita, impostato sulla gentilezza, e una filosofia dell’ospitalità, che mette insieme, in modo inscindibile, forma e sostanza. Modi educati (la forma), da come si saluta e si accoglie una persona (turista o residente è indifferente) con un semplice inchino e con estrema cortesia, a come non si alza la voce quando si parla, e allo stesso tempo un atteggiamento, improntato alla gentilezza, sincero e onesto (sostanza).

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Altro che viaggi a caccia di ristoranti con una buona cucina sushi e sashimi! O alla ricerca della geisha immaginaria, che nella realtà non è l’equivalente orientale delle nostre escort, ma piuttosto una donna cresciuta coltivando il suo talento artistico e studiando le migliori tecniche per intrattenere degli ospiti. Il Giappone va esaminato e frequentato almeno una volta nella vita per la grande lezione che fornisce a tutti, e agli italiani in particolare, di come si sta al mondo e come si accolgono ospiti e visitatori con il dovuto riguardo nell’era dell’overtourism, lo spreco per antonomasia che porta a delle bellezze di un luogo soffocandolo nella morsa della folla di persone che arrivano e diventano la croce e la delizia dei residenti, in parte arricchiti dall’industria dei viaggi e in parte massacrati dalle invasioni dei turisti. 

Tokyo è una metropoli di 37,4 milioni di abitanti, che ogni giorno devono integrarsi con le folle oceaniche dei visitatori (molti arrivano da tutte le regioni del Giappone), considerata ormai, universalmente, la capitale più civile del mondo. Una città che potete girare giorno e notte senza essere infastiditi da venditori di mercanzia a qualsiasi livello. Dove i tassisti vi accolgono non con la prepotenza e la furbizia alla quale noi occidentali ormai abbiamo fatto il callo, ma con estrema cortesia, puntualità e rigore nel servizio offerto. Dove se entrate in un bar, in un ristorante o in un negozio, non sarete accolti dall’abuso del tu, non amichevole e confidenziale, ma semplicemente maleducato, secondo la nuova tendenza dell’ospitalità made in Italy. 

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In Giappone nessuno si sogna (le eccezioni sono solo conferme della regola) di ingannare l’ospite, turista o residente che sia, con piccole e grandi truffe commerciali o con un trattamento privo di riguardo. Tutti, anche per la complessità della lingua e della logistica, utilizzano Google Maps o qualcosa di simile, ma state tranquilli che se avete bisogno di assistenza per raggiungere un qualsiasi luogo, e vi siete persi, ci sarà qualcuno che avrà l’amabile cortesia non solo di indicarvi la strada giusta, ma persino di accompagnarvi di persona laddove, da soli, non sareste mai arrivati.

L’omotenashi può insegnarci tante cose, senza utilizzare l’urticante pulpito di chi vuole dare lezioni di buone maniere, ma con il soffio della sana leggerezza di uno stile di vita naturalmente, potremmo dire: istintivamente, gentile. Non è poco, laddove la gentilezza è uscita dal lessico delle nostre relazioni umane e sociali. Questa filosofia dell’ospitalitàdiventa un valore, una bussola, nel naufragio nel quale siamo finiti, sommersi dalle onde di una mobilità globale che rischia ogni minuto di snaturare i luoghi, anche i più belli e affascinanti, fino a renderli invivibili. L’omotenashi, nel non fare alcuna differenza di trattamento tra residenti e visitatori, dimostra come essere ospitali, cordiali, rispettosi degli altri, aiuta anche a vivere meglio, insieme, in tanti, in tantissimi. La cultura giapponese ci parla di un linguaggio, anche nei movimenti sobri, eleganti e rallentati, del corpo, che abbiamo dimenticato, diventando degli analfabeti della convivenza civile: il dizionario di un’educazione autentica, che non è mai soltanto forma, ma anche sostanza. Non è solo un inchino o un baciamano, ma un rapportarsi con correttezza agli altri, senza coltivare il presupposto di fregare o anche solo ingannare il malcapitato di turno. La filosofia dell’omotenashi è in continuo aggiornamento, come si conviene a un galateo che vuole reggere al passo dei cambiamenti del costume e degli stili di vita, a partire da quelli dettati dall’invasione della tecnologia. Noi occidentali siamo prigionieri h24 delle nostre protesi elettroniche, non sappiamo distaccarcene neanche per un attimo di intimità (quando siamo a tavola in famiglia o con gli amici, durante una conversazione, al momento di concentraci per prendere una decisione), mentre in Giappone non sarete mai infastiditi da un giapponese che parla ad alta voce con il suo cellulare mentre è in treno o sull’autobus e in metropolitana: i telefonini sono spenti, o rigorosamente silenziati, quando si circola su un qualsiasi mezzo pubblico. Un gesto ispirato, ancora una volta, alla gentilezza, alle buone maniere e al rispetto per gli altri.

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L’omotenashi ci dice quanto può diventare semplice, naturale, efficace, il prendersi cura degli altri, a partire dai piccoli gesti, dalle piccole attenzioni. Da quelle cose che ci aiutano a vincere il virus dell’indifferenza, del quale siamo spesso affetti senza neanche esserne consapevoli. Ma solo per una somma di cattive abitudini quotidiane. 

Fonte immagine di copertina: tokhimo.com

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