Viaggio nelle Regioni: ecco come spendono e quanto ci costano

Nelle cronache di allora non c’e’ traccia, ma alla meta’ degli anni Ottanta, nella riviera ligure di Ponente, deve essere accaduto qualcosa di veramente terribile. La gente ha cominciato a cadere improvvisamente dalle scale, a diventare cieca di colpo e, da un momento all’altro, a non sentire piu’ neanche le campane delle chiese. Un’epidemia di …

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Nelle cronache di allora non c’e’ traccia, ma alla meta’ degli anni Ottanta, nella riviera ligure di Ponente, deve essere accaduto qualcosa di veramente terribile. La gente ha cominciato a cadere improvvisamente dalle scale, a diventare cieca di colpo e, da un momento all’altro, a non sentire piu’ neanche le campane delle chiese. Un’epidemia di invalidita’. Oggi, a Ventimiglia alta e nei piccoli paesini dell’entroterra, come Calvo, Trucco, Bevera, un abitante su quattro riceve una pensione o un’indennita’ dallo Stato. Proiettando la Liguria ad un certamente poco invidiabile primato tra le Regioni del Nord. Il 3,7% dei liguri, per l’esattezza 79.158 cittadini, risultano assistiti dall’Inps come invalidi. Ben oltre la media nazionale, che e’ del 3,3% e di per se’ e’ gia’ altissima, essendo il doppio della Germania e della Francia. Lo stesso fenomeno, l’esplosione delle invalidita’, si era abbattuto, qualche anno prima, sulla ricca Umbria. La ragione puo’ essere diversa. Quella e’ terra di santi e di miracoli, ma il risultato non cambia: il 4,6% della popolazione riceve l’assegno. In Toscana, a due passi, la percentuale non arriva al 3,3%, nel Lazio e’ pari a quasi la meta’, il 2,8%. In Trentino alto Adige, l’anno scorso, e’ stata concessa solo una, dicasi una, nuova pensione di invalidita’. Possibile? Ed e’ sicuro che non esistano le Regioni virtuose, come sostengono i governatori che rifiutano, compatti, i tagli proposti dal governo? Che gli sprechi esistano solo nei ministeri? I bilanci delle Regioni raccontano altro. Parlano di un’Italia divisa in due, di un paese dove il peso della burocrazia puo’ essere in un posto dieci volte piu’ pesante che in un altro, di amministrazioni che funzionano bene e costano poco ai cittadini, e di apparati elefantiaci con dipendenti pagati a peso d’oro. Una divisione, come dicono i dati sulle invalidita’, non poi cosi’ netta tra il Nord e il Sud. Anche se e’ soprattutto dai bilanci delle Regioni del Sud che emergono i dati piu’ clamorosi. Quelli sul costo del personale, per esempio. Colletti bianchi a peso d’oro A ogni cittadino della Lombardia i dipendenti della Regione costano appena 21 euro a testa l’anno.

Quasi meta’ della media nazionale, che e’ di 44 euro per ogni italiano. Incredibile, ma vero, i siciliani sopportano un costo pari a quasi venti volte quello dei lombardi: 349 euro pro capite! Palazzo dei Normanni, del resto e’ generoso: per i 20 mila dipendenti della Regione, l’Assemblea stanzia la bellezza di 1,7 miliardi di euro l’anno. Una somma che non e’ poi tanto piu’ bassa della spesa per il personale di tutte le Regioni italiane messe insieme, che e’ di quasi 2,4 miliardi di euro l’anno. Con una media di 42.500 euro di stipendio lordo, i dipendenti della Sicilia, aumentati di cinquemila unita’ tra il 2003 ed il 2008, guadagnano quasi il 40% in piu’ dei ministeriali. Ma vanno in pensione molto prima e con assegni ben piu’ consistenti, che la Corte dei Conti ha calcolato in 2.472 euro a testa. Il fatto che sia una Regione a statuto speciale c’entra poco: l’autonomia fa si’ che la Sicilia abbia la titolarita’ delle funzioni, ma nei fatti non la esercita. A norma di Statuto sarebbe anche proprietaria dei beni demaniali, come lo stesso Palazzo dei Normanni, ma preferisce lasciarli alla gestione dello Stato, forse perche’ la manutenzione costa. Nelle Regioni a statuto speciale che esercitano davvero le funzioni attribuite, come la scuola, la situazione e’ del resto ben diversa: in Val d’Aosta l’amministrazione regionale costa 2.207 euro a ogni valligiano, in Trentino Alto Adige 1.775. I veri numeri del federalismo La classifica elaborata partendo dai bilanci regionali riclassificati con fatica dalla Commissione tecnica sul federalismo fiscale e consegnati al Parlamento, i veri numeri del federalismo come li definisce il presidente Luca Antonini, vede al secondo posto in Italia tra le Regioni a statuto ordinario il Molise, dove l’amministrazione pubblica costa 187 euro ad ogni cittadino. I molisani sono pochi, appena 321 mila, e questo puo’ in parte giustificare il dato. Una scusa che non vale per il Friuli Venezia Giulia e la Sardegna, altre due Regioni autonome, ma quasi solo sulla carta, dove il costo pro-capite dei dipendenti e’ pari, rispettivamente, a 161 e 148 euro a testa. Sotto la media nazionale, in questo rapporto, ci sono solo la Lombardia, il Veneto (32 euro per abitante), la Liguria (34), l’Emilia- Romagna (36) e la Toscana (di un pelo, 43 euro contro 44). In tutte le altre il costo dell’amministrazione vola: 93 euro pro-capite per i lucani, 84 per gli umbri, 83 per i calabresi, 76 per gli abruzzesi, 71 per i campani, 64 per i marchigiani, 56 per i pugliesi, 53 per i laziali, 50 per i piemontesi. Ci sono Regioni dove il costo del personale pesa quasi quindici volte piu’ che in altre. Il rapporto tra gli stipendi pagati ai dipendenti e la spesa corrente complessiva, che e’ poi il criterio che il governo ha proposto in Parlamento per definire la virtuosita’ delle Regioni e stabilire cosi’ chi tra loro dovra’ sobbarcarsi il maggior contributo alla manovra antideficit (4,5 miliardi l’anno), della quale i governatori non vogliono neanche sentir parlare, e’ pari in Lombardia allo 0,85%. In Sicilia, manco a dirlo, arriva al 10,4%: un euro su dieci se ne va per pagare i dipendenti. La media delle Regioni a statuto ordinario e’ l’1,99% e solo sei sono sotto: la Liguria, il Lazio, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto. Tutte le altre sfondano allegramente la soglia.

Dal 5,45% del Molise, al 4,25% della Basilicata, al 3,8% della Calabria. Anche il Piemonte con un rapporto del 2,09%, e’ sopra la media. Campobasso come Parigi Naturalmente anche il peso del palazzo sulle tasche dei contribuenti e’ straordinariamente variabile nell’Italia che nega gli sprechi. Il record appartiene al Molise, ma stavolta il fatto che la Regione sia piccola c’entra solo fino a un certo punto. I 56 euro a testa (record battuto solo dal Trentino e dalla Val d’Aosta) dipendono forse anche dagli stipendi d’oro. Con 10.250 euro lordi al mese un semplice consigliere regionale del Molise guadagna piu’ del presidente francese Nicolas Sarkozy, che non arriva a 6.800 euro, anche se e’ ancora lontano dai 144 mila euro annui dei presidenti della Regione e della Giunta regionale. Pure in Sardegna non si scherza. Li’, dove le Province si moltiplicano a vista d’occhio, il costo medio per abitante degli organi istituzionali arriva a 53 euro, contro una media nazionale di appena 11 euro, sotto la quale ci sono solo Lombardia, Veneto, Piemonte e Toscana (9 euro a cittadino). Diciassettemila sardi, nel 2005, avevano firmato una legge di iniziativa popolare per ridurre gli stipendi dei loro onorevoli rappresentanti. Che quest’anno l’hanno bollata come non urgente, rinviandone l’esame a data da destinarsi. Ben oltre la media nazionale ci sono la Liguria, con 18 euro a testa, l’Abruzzo (22), la Basilicata (24), la Calabria (38), la Campania (16). E non potevano mancare la Sicilia (31 euro pro-capite) ed il Friuli Venezia Giulia (25). Peccato che non ci siano dati validi per la Puglia, l’Umbria e soprattutto per il Lazio, dove i 73 membri del Consiglio Regionale hanno un appannaggio di 10 mila euro, mentre i 13 assessori ed il Presidente arrivano a 12 mila. L’albero della cuccagna Il federalismo fiscale, con i trasferimenti dello Stato a pie’ di lista sostituiti da tasse che sindaci e governatori dovranno manovrare per far quadrare i loro conti, promette una rivoluzione. Ma per qualcuno sara’ un vero e proprio incubo. I costi della sanita’ non saranno piu’ calcolati sulla spesa storica, sulla quale negli anni si sono incrostati gli sprechi e il malaffare, ma sulla base dei costi standard, facendo riferimento alla spesa sostenuta dai piu’ bravi. Andra’ bene alla Lombardia, alla Toscana, alle Marche, all’Emilia-Romagna, all’Umbria, ma molto peggio da Roma in giu’.

Calcolare il costo della sanita’ per ciascun abitante e’ poco indicativo, perche’ non tiene conto della migrazione dei malati, che magari partono dalle regioni meridionali per curarsi in Lombardia (dove la sanita’ finanziata in modo completamente autonomo costerebbe quasi 2.700 euro a ogni cittadino) o nel Lazio (oggi la spesa sarebbe di 3.349 a testa per ogni abitante della Regione). La realta’ di oggi e’ meglio fotografarla su altri numeri, quelli che parlano di quattro Regioni (Calabria, Campania, Lazio e Molise) commissariate dal governo ed altre quattro (Abruzzo, Liguria, Sicilia e Sardegna) obbligate ai piani di rientro del disavanzo, con uno sforamento complessivo che arriva a 4 miliardi di euro. Piani che fanno acqua da tutte le parti, tanto che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, l’altro giorno in conferenza stampa si e’ detto preoccupatissimo. Per avere i conti a posto forse bisognera’ aspettare il federalismo, che obblighera’ i governatori che sforano i tetti ad aumentare le tasse ai propri elettori molto piu’ di quanto non possano o vogliano farlo oggi. O a chiudere veramente gli ospedali che non servono. Non come succede a Posillipo, la collina piu’ ospedalizzata del mondo, dove ci sono quattro nosocomi e due cliniche universitarie per quattromila posti letto. Che vengono ridotti, un po’ qua e un po’ la’, tirando via lenzuola, materassi e cuscini, lasciando pero’ in piedi reparti di radiografia e sale operatorie con relativi medici e specialisti.

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