Tramonta l’email

«I only use email to communicate with old people», uso l’email solo per comunicare con gli anziani. Di roba così, in rete, se ne trova finché si vuole. Non si capisce, quindi, lo stupore del collega del New York Times. Si vede che non ha un adolescente in casa. «Segnali che sei un old fogey, […]

«I only use email to communicate with old people», uso l’email solo per comunicare con gli anziani. Di roba così, in rete, se ne trova finché si vuole. Non si capisce, quindi, lo stupore del collega del New York Times. Si vede che non ha un adolescente in casa.
«Segnali che sei un old fogey, uno all’antica: guardi i film in videocassetta, ascolti dischi di vinile, usi la pellicola per fotografare. E ti piace usare l’email». Così esordisce il giornale di New York in una corrispondenza da San Francisco, la patria spirituale dell’informatica americana. Non è la condanna a morte della posta elettronica. Solo una prova delicata di epitaffio. Non la prima, come dicevamo.

Confesso: un cinquantenne prova un piacere sadico nel vedere che i trentenni si sentono travolti dalle novità. La buona, vecchia mail – che noi abbiamo imparato e loro davano per scontata – sarà presto superata. Facebook, Twitter, chat, Skype, perfino l’immarcescibile sms sono più immediati, informali, gratificanti. L’email obbliga a un minimo di preparazione: un account di posta, un destinatario con un indirizzo, magari qualcosa nel «subject» (argomento). Bisogna aspettare che il destinatario risponda: e non sempre lo fa. Occorre evitare gli errori di ortografia, e magari fingere di essere educati. Nessuno, in Italia, chiude una email con «In attesa di favorevole riscontro», se non ha assunto sostanze molto forti. Ma un saluto prima della firma lo usano tutti.
È questa sovrastruttura che i ragazzi trovano pesante, in America come in Italia, a Londra come a Pechino. Una email non può – o non dovrebbe – contenere solo «:-O», per spiegare che il mittente è sorpreso. Facebook, per esempio, s’è accorta che la riga del «subject» (l’argomento) resta spesso vuota (al massimo qualcuno batte hi! oppure ehi!). Così ha deciso di eliminarla insieme a cc (copia) e bcc (copia nascosta). FB non è un paese per vecchi; l’email sì. Yahoo e Hotmail – celeberrimi siti di posta elettronica – hanno perso il 16% dei visitatori in un anno; solo Gmail, prodotto di casa Google, è cresciuta del 10%.

Chi ama e usa l’email ha motivo di ritenersi superato? La risposta è: quasi. Utilizzare frasi complete può sembrare normale, a un anziano trentenne. Ma gli adolescenti non comunicano così: parlano per codici, monosillabi e grugniti che in una mail risulterebbero goffi. La punteggiatura, che nelle mail resiste, per i ragazzi è diventata come l’acne: se non c’è, meglio.

La chiocciolina (@) è una specie in via di estinzione? Probabilmente sì. Poco male: l’email ha avuto una vita intensa. Intensa – basta vedere gli auguri seriali da cui veniamo inondati in queste ore – ma breve. Quindici anni, diciamo. L’impatto sociale inizia nel 1995. L’email è come le ragazze della televisione: c’è sempre una più giovane in agguato.

Le lettere di carta hanno resistito meglio: cinquanta secoli? Qualcuno ancora ne manda, anche se l’abitudine è ristretta ormai a tre categorie di persone: molto romantici, molto anziani, molto eccentrici. Accadrà presto anche agli utenti di posta elettronica. «Ti mando una email» sembra il titolo di una commedia romantica all’americana, di quelle dove si baciano a dieci minuti dalla fine e tutti applaudono. Vederla fa sempre piacere, ma la vita funziona in altro modo.
 

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