Taxi low cost. Quella dei tassisti è una delle categorie meno amate nel mondo. Inoltre, trattandosi di un lavoro a numero chiuso, con relativa licenza, è quasi automatico mettere i tassisti nella cerchia delle corporazioni più agguerrite e più protette da politici e amministratori locali. Ma questa volta la nota parola d’ordine resistere, resistere, resistere, non regge più di fronte alla rivoluzione in atto nella mobilità urbana, nel modo con il quale ci spostiamo in città, e rispetto alle spallate della tecnologia. Il servizio Uber, quello che scatenato la protesta dei tassisti da Milano a Bruxelles, ormai dilaga nel mondo, tanto che la società che ha inventato l’applicazione con la quale si riceve l’autista a domicilio in pochi minuti, è adesso valutata 10 miliardi di dollari. Pensate: Uber è un servizio nato appena nove mesi fa. Ancora più travolgenti, come alternativa al taxi, sono il servizio di car sharing, siamo vicini a 2 milioni di iscritti nel mondo (450mila a Berlino e 70mila a Milano), e quello di Car2go con 110mila iscritti a Milano, 45mila a Roma. Un boom.
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La protesta dei tassisti. Se i tassisti pensano di difendersi a colpi di barricate e di proteste, magari cercando la solita sponda del politico di turno che li protegge, si sbagliano di grosso e rischiano di fare la fine dei cocchieri nella Gran Bretagna di fine Ottocento. Allora, per provare a bloccare l’avanzata dell’auto fu deciso che le automobili potessero circolare solo a passo d’uomo e alle spalle di un agente con una bandiera rossa sventolata in segno di pericolo. Quella norma, poi rapidamente cancellata, non servì a salvare i cocchieri dal loro declino.
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I tassisti, invece, hanno un futuro nella rivoluzione della mobilità e possono perfino trarne significativi vantaggi. Ricordiamo che si tratta di un servizio pubblico, regolato dalle amministrazioni locali, e dunque con un minimo di ragionevolezza e di efficienza si potrebbero concordare tariffe calmierate per favorire le corse nei centri urbani. In pratica: più corse per i tassisti, a prezzi più bassi. E ovviamente in condizioni di minore traffico. Lo spazio sul mercato è enorme, visto che secondo l’ultimo rapporto sulla Mobilità urbana il 68 per cento degli spostamenti dei cittadini avvengono ancora in auto.
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Taxi a prezzi bassi. Perché non spingerli verso i taxi a tariffe low cost? Tra l’altro, con la crisi delle società partecipate e con la loro dissennata e sprecona gestione, i due terzi di questa aziende hanno tagliato i mezzi, dagli autobus ai tram. Dunque, per i taxi c’è più spazio, specie in città come Napoli, per esempio, dove obiettivamente le licenze non sono poche ma semmai troppe. Un secondo versante per salvare il lavoro di questa categoria senza danneggiare i cittadini è proprio quello di non pregiudicare il valore della licenza che i tassisti considerano una sorta di “liquidazione” della loro attività autonoma.
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Anche qui, non servono grandi cose, ma una scelta netta e chiara: la creazione di un fondo, finanziato con piccole quote dagli stessi tassisti, che attraverso i suoi investimenti, sicuri come quelli di un fondo pensione, potrebbe garantire la stabilità del valore delle licenze. A quel punto i tassisti parteciperebbero da protagonisti, e non da sconfitti, alla rivoluzione Non sprecare della mobilità urbana.