Gli stipendi degli italiani sono sempre più bassi

Negli ultimi trent'anni non hanno fatto altro che diminuire. Dal 2008 il potere d'acquisto è crollato dell'8,7 per cento, mentre nello stesso periodo in Francia è cresciuto dal 5 per cento e in Germania del 15 per cento

stipendi bassi
I parametri per misurare gli stipendi sono diversi. Ma da qualsiasi angolazione li vogliamo prendere, la conclusione è sempre la stessa: in Italia sono troppo bassi per garantire a una giovane coppia di fare un progetto di vita, oppure a un single di immaginare una vita da ceto medio benestante come è stata quella dei suoi genitori. Da trent’anni un tarlo sta divorando i salari degli italiani, e la politica, affaccendata in tutt’altre faccende, sembra ignorarlo. Poi arriva la statistica dell’Ocse e si scopre la verità. Gli italiani, a parità di lavoro e di gradi gerarchici, guadagnano meno, molto meno dei colleghi tedeschi, francesi, spagnoli.
Negli ultimi 30 anni, un tempo enorme, che con i parametri di oggi, avvolge più di una generazione, stipendi e salari dei lavoratori italiani non hanno fatto altro che andare indietro, in retromarcia. L’arretramento, rispetto al 2008, prima che esplodesse la Grande Crisi finanziaria e sociale, è molto netto e i numeri non danno spazio a dubbi in materia: il potere d’acquisto degli italiani è diminuito dell’8,7 per cento. Nello stesso periodo i francesi hanno visto crescere il loro potere d’acquisto del 5 per cento e i tedeschi persino del 15 per cento. Gli italiani, in questa classifica dell’Ocse che in qualche modo calcola il benessere legato alla capacità di spesa, sono arretrati più di qualsiasi grande economia del mondo. Quindi, non è vero che l’impoverimento della popolazione, al netto delle nicchie di ricchi e super-ricchi, sia uguale dappertutto, ma in Italia è sicuramente ai livelli più alti rispetto alle società occidentali. Il fenomeno è trasversale anche sul piano geografico. L’impoverimento, collegato a salari e stipendi inchiodati da 30 anni se non diminuiti, si avverte sicuramente di più nelle aree del Centro Sud. Ma anche in quella Milano appena entrata nella classifica mondiale dove compaiono le metropoli con il maggior numero di milionari. Nel capoluogo lombardo, dove gli stipendi sono tra i più alti d’Italia con una media di 35 mila euro all’anno, ogni lavoratore dal 1990 ha perso in busta paga qualcosa come 1.000 euro. La sua ricchezza è diminuita, invece di aumentare. Nel frattempo i prezzi per acquistare o affittare una casa sono triplicati, e anche l’aumento della spesa è andato ben oltre il tasso annuo di inflazione. La perdita del potere di acquisto è stata devastante per i lavoratori italiani. E si è combinata con una caduta verticale della produttività che ha penalizzato innanzitutto le famiglie. In questo caso i fattori di decrescita sono diversi e coinvolgono anche il peso della burocrazia o la riduzione degli investimenti produttivi, pubblici e privati. E anche un fattore decisivo che abbassa la produttività in Italia: lo scarso utilizzo delle donne sul lavoro. In Italia hanno un impiego appena 49 donne su 100 in età da lavoro, rispetto alle 71 della Germania e alle 64 della Francia. Sprechiamo un patrimonio umano e il conto lo paghiamo tutti.

Difficile calcolare la soglia di un buono stipendio in un Paese così diverso, tra Nord e Sud, in Italia. Ormai i primi livelli di stipendi a tempo indeterminato, dopo gli stage a 500 euro al mese, viaggiano attorno ai 1.200 euro al mese. Con questa cifra nelle regioni dell’Italia settentrionale sicuramente si stenta, nel centro Sud, invece, e specialmente se si somma anche un sostegno familiare, si riesce anche a cavarsela. Che non significa fare un progetto di vita. E comunque diventa essenziale il ruolo del welfare parallelo, i sette milioni di nonni che passano soldi a figli e nipoti. Secondo gli economisti e i sociologi, nelle attuali condizioni un buon stipendio in Italia per una famiglia con figli significa portare a casa qualcosa come 4mila euro al mese.  Anche per pagare le rate di un mutuo e concedersi dignitose vacanze. Una cifra difficile da raggiungere anche con doppio stipendio della coppia.

Le cause di un primato che fotografa un Paese in declino sono tante, e andrebbero esaminate una per una. Dai diritti dei lavoratori sempre più deboli (una condizione nella quale diventa difficile ottenere aumenti di salari e di stipendi) all’eclissi del sindacato; dalla bassa produttività, alla totale scomparsa delle politiche dei redditi che hanno accompagnato la lunga marcia degli italiani verso le soglie del benessere. Come al solito poi riusciamo a “cavarcela”, e così il ceto medio italiano ha indossato i panni di un popolo di affittacamere (tutti cercano di mettere a reddito le proprietà immobiliari, quando ci sono) e di pizzicagnoli (ovvero l’attività economica più diffusa e capillare in tutte le regioni). Ma fino a quando reggerà questo (dis)equilibrio?

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