BENI CULTURALI IN ITALIA – Una sconfitta dopo l’altra. Una continua resa dello Stato inerme di fronte alla perdita di valore e allo spreco del patrimonio culturale di proprietà dei cittadini, e non del ministro di turno e degli alti papaveri che lo circondano o lo assediano. Ieri è stato il turno della Reggia di Caserta. Con un bollettino catastrofico: 91mila presenze in meno, in un solo anno, su un totale di circa mezzo milione di visitatori. Numeri che scolpiscono l’abbandono di uno dei simboli della Bella Italia citata dal premier Matteo Renzi per la sua rivoluzione pacifica sotto il segno del cambiamento. Quale cambiamento? A Caserta tutto marcisce, come prima e più di prima. E i lavori di restauro della Reggia hanno appena avuto l’ennesimo rinvio, adesso si partirà a maggio con un forse grande quanto una casa.
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SPRECHI BENI CULTURALI – Altra sconfitta, e altra resa di questi giorni, a Pompei, dove la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per disastro colposo. In pratica c’è qualcosa in più del sospetto che i famosi crolli a catena negli scavi, vergogna della Bella Italia nel mondo, siano provocati da mani criminali, più forti dello Stato inerme e pronti a mungere la vacca degli appalti. La magistratura indaga, e ne vedremo delle belle, mentre al ministero dei Beni Culturali e del Turismo, dove si è da poco insediato Dario Franceschini (tra l’altro colpito da un infarto: auguri, Ministro), si moltiplicano riunioni, decreti, giochi di Palazzo nelle prime file della burocrazia spaventata dall’arrivo del nuovo governo e già pronta a non mollare un centimetro del suo potere.
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CRISI DELLA GOVERNANCE BENI CULTURALI – Di fronte a una crisi totale della governance dei Beni Culturali, di fronte a casi sempre più evidenti di inefficienza, sprechi, incapacità di gestire in modo efficace (secondo i principi della Costituzione) la tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico, sul campo di questa battaglia fatta solo di sconfitte, restano le macerie del corporativismo più spinto. Ai piani alti e in quelli bassi di un sistema che ormai è al capolinea. E’ bastato che un giornalista autorevole e documentato, come Giovanni Valentini, scrivesse sulle pagine di un quotidiano che certo non è una trincea del pensiero liberista, La Repubblica, un articolo per denunciare i gravi limiti delle soprintendenze, la loro incapacità di proteggere e valorizzare il nostro patrimonio artistico (con effetti positivi sul turismo e sull’occupazione, specie al Sud) e, apriti cielo, si è scatenata la corsa al Nemico del bene pubblico, a una voce da abbattere per la sua autonomia di pensiero critico.
ANFITEATRO SPARTACUS – Ai piani bassi, quello del sindacalismo più sciagurato che difende a qualsiasi costo i privilegi oggi insostenibili dei custodi (non tutti, ovviamente, perché in tanti fanno onestamente il loro lavoro), continua indisturbato l’andazzo dell’esercizio di un vero potere-ombra, una cupola sull’universo dei Beni Culturali. Sempre restando in Campania, e ancora nella provincia di Caserta, ecco che cosa mi scrive Bruno Zarcaca, un imprenditore coraggioso che ha messo soldi propri per scommettere sulla gestione di un’altra meraviglia della Bella Italia, l’Anfiteatro di Spartacus, nel cuore dell’area archeologica di Santa Maria di Capua Vetere.
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MONUMENTO ALLO SPRECO – «Un importante tour operator è arrivato da Roma con un autobus carico di turisti, che però sono stati costretti a ripartire senza poter visitare il famoso Mitreo, perché i custodi non si sono presentati» scrive Zarcaca «Non torneranno mai più, né il tour operator né quei turisti inferociti e indignati. Intanto l’Anfiteatro, dove siamo riusciti ad avere in gestione i servizi da meno di un anno tra mille problemi burocratici, e con investimenti solo privati, continua ad essere un monumento dello spreco, delle opportunità gettate alle ortiche. Quando siamo arrivati faceva 9mila visitatori l’anno, e con noi siamo già quasi al doppio, ma il Museo del Bottone in Emilia stacca ogni anno 200mila biglietti. Mi domando: E’ possibile che tanta potenziale ricchezza sia ostaggio di una burocrazia ottusa, di un sindacato corporativo e di una politica prigioniera di questi poteri veramente forti?». E’ possibile, gentile Bruno Zarcaca: ma speriamo che prima o poi questa funebre musica possa cambiare.