La storia più emblematica, che racchiude tutte le altre, è quella di Joy, una ragazza nigeriana sbarcata in Italia a 23 anni su un barcone, con il miraggio di un lavoro, costretta a prostituirsi sulle strade di Castel Volturno, in provincia di Caserta, dai suoi aguzzini, sotto il peso del debito contratto per fuggire dal suo paese. La donna, grazie a Casa Rut e alla sartoria sociale NewHope, a Caserta ha trovato la sua salvezza, riuscendo a non sprecare la sua vita, ma liberandosi dalla schiavitù, imparando un lavoro, studiando e diplomandosi, e sposandosi con un ragazzo italiano. Una storia a lieto fine, diventata anche un libro, Io sono Joy (edizione San Paolo), con la prefazione di Papa Francesco, che scrive: «La testimonianza di Joy è patrimonio dell’umanità».
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Casa Rut nasce nel 1995 grazie a suor Rita Giaretta che, insieme ad altre consorelle, dà vita a uno spazio in cui accogliere donne e bambine vittime della tratta e di abusi di ogni genere. Per aiutarle a liberarsi dalla schiavitù che attanaglia le loro vite e restituire loro la libertà di pensare e agire da donne libere.
“Non c’è cosa più bella, miracolo più grande che vedere fiorire quei volti, puliti, rigenerati perché semplicemente amati!”, è questo il punto cardine su cui si basa l’attività della cooperativa sociale New Hope fondata nel 2004 dal centro di accoglienza Casa Rut: una sartoria etnica in cui le donne migranti, grazie all’accoglienza delle suore orsoline “tessitrici di nuove speranze” possono costruirsi un futuro dignitoso, attraverso l’apprendimento e la messa in pratica di un mestiere. Il lavoro come strumento di inclusione e per restituire dignità alla persona che ha vissuto la schiavitù della tratta degli esseri umani. All’interno della sartoria le donne migranti imparano le diverse tecniche sartoriali e, intrecciando ago e filo, danno vita a bomboniere e agende artigianali, portamonete, vestiti, oggetti tessili per la casa e la cucina e tanti altri manufatti creati con cura e passione utilizzando tessuti provenienti dall’Africa. Ogni manufatto racchiude un percorso di vita e rappresenta la forza e la tenacia della donna che ha deciso di affrancarsi da una condizione difficile. Il tutto anche all’insegna della sostenibilità e del riciclo: all’interno della sartoria non si butta via nulla. Ogni ritaglio viene riutilizzato per dare vita a nuove creazioni uniche e originali.

Un modo anche per andare oltre le soluzioni assistenziali e caritatevoli, all’insegna di una crescita personale e autonoma e di un’economia solidale simbolo di un impegno forte e costante contro qualsiasi forma di schiavitù e di maltrattamento. E proprio l’apertura della sartoria sociale nel centro di Caserta ha reso tangibile questa lotta portata avanti dalle suore orsoline, nel segno della solidarietà.
Dal 2004, la sartoria etnica ha accolto e offerto un lavoro a ben quindici donne in difficoltà. Attualmente sono nove le donne migranti assunte con regolare contratto. A loro si affiancano le volontarie e tutte coloro che prendono parte ai corsi e ai tirocini organizzati dalla cooperativa.

La storia di New Hope, con altre simili, raccolte sul campo, in ogni angolo del mondo, è raccontata con straordinaria efficacia, e anche con molta tenerezza, nel bel libro Donne dell’altro mondo (edizioni Manni), scritto dalla giornalista Antonella Barina. Un libro in cui, storia dopo storia, emerge con forza il coraggio e la generosità delle donne, e in cui il dolore si trasforma in energia, un motore per andare avanti e portare avanti sfide solo apparentemente impossibili. Tra tutte c’è la storia di Vittoria che, negli anni ’80, ha scelto di recarsi in Perù per salvare le bambine sfruttate come domestiche dai ricchi peruviani. Oggi Vittoria non c’è più ma il suo insegnamento e la sua forza sono il motore della casa da lei fondata, dove si ospita e si dona affetto alle bambine sottratte a quella tremenda forma di asservimento.
Natalina invece, in Congo, ha scelto di dedicarsi alle ragazzine accusate di stregoneria, mentre Chiara, infermiera, ha affrontato battaglie durissime: in Liberia contro l’ebola e nelle sale operatorie improvvisate nei camion a Mosul durante l’occupazione dell’Isis. Con un solo obiettivo: salvare più vite possibili. Adriana invece, in Calabria, soccorre le vittime del caporalato.
Donne diverse tra loro, di provenienza differente ma tutte unite da una forza rivoluzionaria, all’insegna della solidarietà e dell’amore. Eroine un po’ folli ma determinate a non chiudere gli occhi di fronte alla possibilità di donare, a chi ne ha bisogno, un nuovo futuro.
Fonte immagine di copertina: NewHope cooperativa sociale (coop-newhope.it)
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