Il presidente della Camera va al lavoro in autobus. Scelta saggia, che all’estero è considerata normale

Roberto Fico raggiunge Montecitorio da Napoli prima con il treno e poi con un mezzo pubblico. Al contrario dei tanti suoi predecessori. Un modo per avvicinarsi alla normalità e anche per ascoltare chi deve rappresentare.

POLITICI CHE USANO I MEZZI PUBBLICI

Già immagino i commenti acidi degli scettici di professione: è demagogia. E invece il gesto di Roberto Fico, appena eletto presidente della Camera, di andare in ufficio a Montecitorio, prima in treno, provenendo da Napoli, e poi in autobus, una volta sceso alla stazione Termini, è di rara efficacia. E mi auguro che non resti isolato.

Provo a spiegare la forza di questo banale esercizio di normalità, e quanti sprechi evita, a parte quelli economici che si riferiscono alle spese di scorte e autisti delle personalità politiche. Tra i motivi che hanno spinto l’opinione pubblica a sentirsi sempre più distante dal ceto politico, c’è sicuramente quello di considerarlo come un gruppo di privilegiati. Negli stipendi, nella pensione, nei benefit. E anche nel modo con il quale si va a lavorare.

(Nell’immagine, David Cameron, Primo Ministro britannico dall’11 maggio 2010 al 13 luglio 2016 – Credits: Kevin Coombs/PA Wire)

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POLITICI CHE PRENDONO I MEZZI PUBBLICI

Abbiamo visto ex presidenti di Camera e Senato fare un uso dissennato e smodato delle loro scorte e delle loro auto di servizio. Un mio amico ha avuto la sventura di ritrovarsi vicino di casa di uno degli ultimi presidenti della Camera: un inferno. La vita condominiale è stata stravolta da un via-vai, h24, notte e giorno, di autisti, collaboratori e agenti. Una coreografia che rende il potere indigeribile.

Questa normalità negli spostamenti, che in Italia fa notizia, all’estero è prassi. E non solo nei paesi del Nord Europa, dove è frequente vedere premier e ministri che vanno al lavoro in bicicletta, ma anche in paesi come la Gran Bretagna, dove il primo ministro usa regolarmente la metropolitana, o in America, dove il sindaco di New York non arriva quasi mai in ufficio con autisti e scorta. Ancora: ho incrociato in un aliscafo, e in una motovedetta della Guardia di Finanza come fanno i nostri politici quando si spostano via mare, la donna più potente del mondo, la cancelliera Angela Merkel. Andava a Ischia in vacanza, come una qualsiasi turista tedesca.

Questa voglia di normalità, ogni volta che viene violata, alimenta rabbia, rancore, invidia sociale. E soffia sul fuoco, ormai un falò, del divorzio tra politica e società. Ho la sensazione che di questo ci sia poca consapevolezza nel ceto politico, ed è un motivo in più per guardare con favore, e senza scetticismo a priori, al gesto dell’onorevole Fico. Gustavo Petro, l’ex sindaco di Bogotà, un fuoriclasse della politica, diceva: «Sogno una città dove i ricchi prendano l’autobus». E non lo diceva né per demagogia né perché voleva tutti più poveri. Semmai per il motivo contrario. Quanto più le persone ricche o potenti si avvicinano negli stili di vita ai comuni mortali, tanto più le distanze, che il potere e i soldi inevitabilmente allungano, si riducono. E ognuno ha più possibilità di non sentirsi escluso, ma parte di una comunità. Non ci vuole una laura in Scienze politiche ad Harvard per capire il valore di questi gesti e per farli diventare prassi quotidiana. Anche perché in un autobus, in una metropolitana, in un tram, il politico potente ha una chance in più di fare bene il suo mestiere. Come? Innanzitutto ascoltando chi deve rappresentare con il suo lavoro.

(Nell’immagine di copertina, il presidente della Camera, Roberto Fico – Credits: ANSA/ANGELO CARCONI)

QUANDO IL CETO POLITICO SI FA ODIARE:

 

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