Mangiamo senza accorgercene

C’è chi al cinema non riesce a fare a meno di sgranocchiare popcorn, chi sul divano non rinuncia al cioccolatino. Mangiucchiare qualcosa in questi momenti di relax viene quasi automatico, ed è rischioso perché si finisce facilmente per rimpinzarsi (spesso di cibi calorici) senza neppure accorgercene. Ora uno studio dell’università della California pubblicato su Personality […]

C’è chi al cinema non riesce a fare a meno di sgranocchiare popcorn, chi sul divano non rinuncia al cioccolatino. Mangiucchiare qualcosa in questi momenti di relax viene quasi automatico, ed è rischioso perché si finisce facilmente per rimpinzarsi (spesso di cibi calorici) senza neppure accorgercene. Ora uno studio dell’università della California pubblicato su Personality and Social Psychology Bulletin spiega perché lo facciamo e soprattutto come riprendere il controllo su quel che mettiamo in bocca.

ESPERIMENTO – Gli esperimenti condotti dallo psicologo californiano David Neal per capire perché mangiamo senza metterci troppo la testa (accumulando poi chili su chili) sono ingegnosi. Neal ha portato al cinema un gruppo di volontari, alcuni abituati a sgranocchiare popcorn, altri che erano soliti concentrarsi sul film senza distrazioni alimentari. Ha dato a tutti dapprima popcorn fresco e di buon sapore e poi, in una seconda occasione, popcorn vecchio di una settimana. Ebbene, chi aveva l’abitudine di mangiare al cinema ha gradito pure i popcorn stantii, consumandone di fatto la stessa quantità rispetto a quando erano buoni; chi di solito non li mangiava al cinema, ha gentilmente rifiutato i popcorn cattivi. In un secondo esperimento, il tutto è stato ripetuto ma portando i volontari a vedere un film in una sala conferenze, ovvero in un luogo non associabile alla proiezione di una pellicola. Qui la bontà dei popcorn faceva la differenza, eccome: anche gli habituè del popcorn ne hanno mangiato di meno, quando gli veniva offerto quello stantio.

ABITUDINE – «Quando mangiamo spesso un cibo in determinate circostanze, il nostro cervello associa quell’alimento all’ambiente e finiamo per continuare a metterlo in bocca comunque, a prescindere dalla qualità, fintanto che lo "stimolo ambientale" persiste – spiega Neal –. Noi crediamo che il nostro comportamento alimentare dipenda in larga parte, se non del tutto, dal gusto del cibo: a nessuno piace il popcorn spugnoso, freddo e vecchio di una settimana. Ma una volta presa un’abitudine non ci interessa più il sapore, mangiamo comunque, tutte le volte che ci ritroviamo in quella situazione». Un modo per spezzare il circolo vizioso c’è, e lo suggerisce il terzo esperimento dello psicologo americano: i ricercatori hanno chiesto ai volontari, durante un’ulteriore proiezione, di prendere il popcorn con la mano non-dominante (in pratica, i mancini dovevano pescare i popcorn con la destra e viceversa). Questo piccolo accorgimento è bastato a scardinare l’abitudine, perché ha costretto ciascuno a porre attenzione ai gesti che faceva: alla fine, anche i patiti del popcorn si sono accorti che non era buono e ne hanno mangiato di meno. «La volontà e le buone intenzioni spesso non bastano a evitarci di mangiare troppo e senza controllo – osserva Neal –. Dobbiamo ricorrere perciò a piccoli trucchi per ingannare il cervello e controllare gli stimoli ambientali al consumo di cibo. Non è sempre possibile evitare o modificare le circostanze in cui siamo portati a mangiare di più, ma è sempre possibile “rompere” l’abitudine con un gesto semplice come cambiare la mano con cui si prende il cibo: un piccolo accorgimento che può rivelarsi di grande aiuto per chi sta a dieta».

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