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LATO POSITIVO DELLA STANCHEZZA
Siamo sempre più stanchi. Ossessionati dalle quotidiane ansie da prestazione, da un’iperattività che non concede tregue e non ammette pause, schiacciati dall’uso compulsivo di una tecnologia in servizio permanente effettivo, abbiamo cronicizzato la stanchezza. È quasi una condizione standard. Un punto di non ritorno di vite sconnesse (anche se iper connesse sul web) e stressate, un’identità dell’uomo che, in alcuni casi, come ci racconta una ricerca scientifica americana, si trasforma in uno status symbol. Chi non è stanco, chi non sente il peso dello stress, chi non confessa di vivere sempre di fretta, è out, fuori moda.
Per fronteggiare l’onda lunga di questa stanchezza, il riposo, qualsiasi riposo, non basta mai. Dormiamo poco. Le vacanze sono sempre più corte. Perfino le pause di lavoro non sono più momenti di stacco, di distrazione, ma le infiliamo nella tristezza da routine di un’insalata ordinata in ufficio, attraverso la rete del food delivery. Le donne, in particolare, sono vittime di una doppia stanchezza, familiare (in quanto mogli, mamme e figlie) e sul lavoro, dove devono affannarsi a conciliare il tempo di un ufficio con quello della gestione di una casa.
ELOGIO DELLA STANCHEZZA
Un filosofo che amo molto, Byung-Chul Han, ha scritto un bel libro, La società della stanchezza (edizioni Nottetempo) per raccontare, da un osservatorio collettivo, queste ossessioni, da un attivismo h24 ai vizi del multitasking, che ci hanno trascinato a sentirci tutti sempre stanchi.
Come stiamo reagendo finora alla stanchezza cronica? Spesso il rimedio è perfino peggiore del male, con un ulteriore spreco di benessere, di soldi e di tempo. Ci abboffiamo di integratori alimentari: inutili. Come l’illusione che una pillola possa restituirci vigore e lucidità. Oppure spingiamo l’acceleratore su quelle tecniche, per esempio le varie discipline olistiche, che potrebbero aiutarci a ritrovare la rilassatezza: utili, in alcuni casi, ma palliativi.
QUANDO LA STANCHEZZA FA BENE
La stanchezza contemporanea ha infatti una dimensione che non è soltanto fisica, ma è innanzitutto mentale. È la stanchezza che spesso porta verso il vuoto, o ti lascia nel vuoto. Colpisce più l’anima che il corpo. Tracima nel malumore, separato da una striscia sottilissima dalla depressione. È una stanchezza che non si elimina agendo solo sui sintomi esterni (il riposo, pure fondamentale), ma ha bisogno di essere affrontata anche e innanzitutto con uno scatto mentale. E qui arriva il nuovo paradigma che vi propongo.
PER APPROFONDIRE: Come vincere la stanchezza, il decalogo per vivere all’insegna dell’energia
ASPETTI POSITIVI DELLA STANCHEZZA
Guardiamo con uno occhio nuovo, diverso, la stanchezza. Proviamo a farne l’elogio, a mettere in fila le cose positive che può regalarci. Partiamo, per esempio, dal prefisso ri, e dal suo uso molto più largo rispetto a come siamo abituati. La stanchezza è un’opportunità per rinnovarsi, ricaricarsi, ripatire, ripensare. Riscoprire angoli del nostro universo, della nostra mente e, perché no, del nostro cuore, che avevamo smarrito. La stanchezza positiva che vi propongo, senza nulla togliere alle pause da prendersi ogni volta che diventa possibile, è uno sguardo che si apre e si allunga. È un ritrovare se stessi, rifiutando il percorso obbligato verso la lamentela, il vuoto e quindi la malattia. È una stanchezza, come scriveva Alberto Camus, «colorata di stupore». Già, quella meraviglia che può dare davvero benessere, autentico, e non un suo surrogato nascosto in qualche pillola inutile.